Sabato sera al termine di Bologna-Genoa in sala stampa e in mixed-zone i cronisti petroniani affermavano nei loro interventi televisivi e tra di loro di un Genoa che aveva giocato sempre sotto la linea del pallone.

Mi sono permesso di intervenire e di considerare quante volte ha giocato – e con quanti calciatori – sopra la linea del pallone, altrimenti sarebbe stato difficile fare tre gol e sfiorarne altri due per interventi miracolosi su Sturaro e Sanabria del portiere bolognese.

Nessuna risposta. Peccato, perché i giornalisti sportivi dovrebbero essere, anche se non bravi, almeno preparati nel cogliere a caldo la lettura critica di una partita, aiutati anche  dai tabellini che escono immediatamente al termine della gara.

In campo tattico, prima e durante la gara, Nicola non ha sbagliato nulla, ma proprio nulla, e non solo a Bologna: è un fatto importante, che lo pone d’acchito al primo posto fra chi si è seduto sulla panca del Grifone negli ultimi tempi.

Giocare all’italiana e non è un disonore. Sarebbe disinvolto invece parlare di imporre il proprio gioco quando si gioca all’italiana montando catenacci meticolosi: ciò non succede con l’attuale Genoa. Per adesso con Nicola il Grifone per qualcuno potrebbe aver avuto fortuna sul gol di Pandev al Cagliari, ma senza fortuna non si riescono nemmeno a stringere i lacci alle scarpe.

Piace questo Genoa alla Didi per i suoi istinti primordiali: la difesa accanita e la conquista quasi violenta e anche astuta dei centrocampi avversari. La Nord ama l’agonismo virile, il senso tattico e i temi tecnici sviluppati dal singolo o dal complesso della squadra: giocare da squadra, che è il mantra di Nicola.

Chi non era genoano e chi non amava il Grifone da fuori si divertiva quando il Vecchio Balordo era compiacentemente aperto, squilibrato e a segnare i gol – anche molti – fino adesso erano gli avversari.

Il Genoa ultimamente non ha incassato gol perché in difesa ci sono i fondamentali del calcio: controllo e battuta di testa e di piede da parte degli ultimi arrivati.

Quante volte abbiamo scritto che il centrocampo del Genoa affogava nel mare magnum del gioco dove si correva e si boccheggiava invano. Adesso chi gioca, anche quelli del passato prossimo, si ritrovano cercando di inventare gioco pur essendo un’aggiunta alla difesa in certe situazioni di gioco, anticipandone le mosse e opponendosi ad un avversario designato.

Piace il gioco del Genoa fatto da schemi geometrici il più delle volte irregolari con un modulo di base ben definito. Tutto viene svolto sullo spazio da occupare e lo sfruttamento del tempo pronti a chiudere i varchi: adesso si chiamano linee di passaggio, agli avversari o da spalancarli ai compagni.

Leggendo questo pezzo qualcuno affermerà che sono contagiato dal bacillo calcistico del Vecchio Balordo. È vero, mi piace fare il cronista nel bene e nel male. Mi riesce meglio nel bene.