Visto il secondo allenamento di Andreazzoli in Val Stubai, la filosofia è sempre precisa: il pensiero del movimento con il pallone o senza, un movimento che deve essere armonico e veloce. Alessio Semino nel pezzo di ieri ha fatto una fotografia scritta di quello fatto dalla squadra seguito in silenzio dai tifosi sulla tribuna: la concretezza ha travolto tutti in campo e fuori.

Peccato che Andreazzoli abbia deciso di mettersi in proprio solo tre anni fa, fra l’altro vincendo subito un campionato di serie B non scontato. Avrà mutuato qualcosa di Spalletti, ma più di Zeman, tuttavia i suoi principi hanno una sfumatura in più in questo calcio che tutti si sforzano di far apparire diverso e moderno. Il nuovo tecnico del Grifo da l’impressione di fare calcio antico in modo moderno.

Oltre che con il Drone, Andreazzoli in campo fa capire con gesti e modi garbati cosa significa e quanto sono importanti i passaggi, quasi tutti di prima intenzione, fatti in un certo modo senza perdere il tempo di esecuzione, sottolineando anche l’inutilità di tante transizioni della sfera. Tutto ciò verrà ripetuto anche davanti il video e potrebbe interessare in modo costruttivo ai calciatori.

Andreazzoli l’ho conosciuto nel 1986 quando allenava l’Ortonovo, squadra a cavallo tra il confine di Spezia e Massa. Lui in panchina e io con la divisa nera di arbitro. Il Mister nella cavalcata dalla seconda categoria alla promozione spezzina faceva vedere già qualcosa di diverso dalle altre squadre dilettantistiche.

Vedendolo lavorare mi è venuta in mente una lezione tecnica fatta agli allenatori di Spezia dopo la promozione con l’Empoli in Serie A, che riporto integralmente. “L’allenatore lo devi fare per i tuoi calciatori e non per te stesso! Loro questo lo percepiscono ed è lì che incominciano a seguirti. Non bisogna proporre troppi schemi e troppe esercitazioni, ma soltanto quelli più importanti che lasciano il segno. Il tempo aiuta nella formazione di una squadra e nell’attuazione dei propri schemi, ma quello che più aiuta sono le idee che uno ha in testa. Non siamo fenomeni, non dobbiamo farli ed è quello che dovremmo fare tutti come allenatori“.

Anche sui rapporti con la Stampa Andreazzoli ha dei principi. A Spezia disse che “a certi livelli la stampa può condizionare. In certe piazze la pressione mediatica è molto forte. Sappiate che proporsi individualmente alla stampa non serve a niente per un allenatore. La proposta di un allenatore è la propria squadra“.

Tutto il virgolettato scritto è stato visto scorrere in questi tre giorni a Neustift guardando lavorare il Mister e i collaboratori. Anche sull’idea del tecnico sulla stampa.

Martedì sera dopo Genoa-Innsbruck non è venuto in conferenza stampa a commentare la gara di allenamento importante. Aveva ragione. Le domande sarebbero state scontate e le risposte anche.

Probabilmente se fosse stato invitato a farla dopo la partita undici contro undici di ieri in famiglia, per modo di dire visti i colpi – anche se non proibiti – ci avrebbe spiegato la differenza di una gara amichevole con squadra di categoria inferiore e anche giovanile (era la squadra B, ndr) e una tra 22 professionisti che dovrebbero giocare prossimamente in serie A.


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