Finito il campionato, abbiamo raggiunto come da consuetudine i colleghi della carta stampata per un bilancio consuntivo di fine stagione. Partiamo con Enrico Currò, firma de La Repubblica, che ha affrontato anche le tematiche intorno ai prossimi due appuntamenti della Nazionale a metà giugno.

Ci lascia qualcosa di nuovo questa Serie A oppure no?

“Sinceramente non troppo. Non mi pare sia stato un campionato con innovazioni tattiche o squadre, a parte l’Atalanta, che abbiano lasciato tracce particolari. Secondo me non ci ha lasciato tantissimo. Fra l’altro anche il VAR, che l’anno scorso sembrava la grande novità, ha iniziato a suscitare discussioni. Non è stato un campionato memorabile”. 

La quota salvezza è rimasta vicina a quella dell’anno scorso, ma si è leggermente alzata. E per la prima volta retrocede una squadra che da tanti anni era in Serie A, come il Chievo

“Diciamo che ci sono stati aggiustamenti nella classifica. Era impensabile che continuasse ad esserci così tanto divario fra le prime e le altre. La Juventus ha sistemato il campionato molto in anticipo, ma se guardiamo alla fine la media generale dei punti non è che ci siano stati questi grandi sbalzi rispetto all’anno scorso. La lotta salvezza ci ha detto che c’è un certo equilibrio in questo campionato: è da stabilire se verso l’alto o verso il basso. Questo equilibrio c’è perché ci sono pochi giocatori in grado di fare la differenza e quindi basta una campagna acquisti minimamente più azzeccata o meno azzeccata per vedere una squadra risucchiata verso l’alto o verso il basso”.

Nella lotta europea sono state rispettate le gerarchie di inizio campionato? 

“Ho fatto recentemente per il giornale un piccolo studio dal quale è venuto fuori che le squadre con più calciatori delle nazionali, non solo quella italiana, sono più o meno quelle arrivate davanti in classifica. Parlo di Juventus, Inter, Napoli e via di seguito. I valori tecnici sono stati abbastanza rispettati. Detto questo, credo che l’equilibrio sottilissimo e il distacco fra il terzo e quarto posto di Atalanta e Inter e il quinto del Milan è evidentemente un’inezia. Bastava una partita sbagliata o l’episodio fortunato: lì c’è stato tantissimo equilibrio. Non lo dico perché sia un suo grande estimatore, ma credo che Gattuso sia andato decisamente bene perché il Milan è andato oltre le qualità di una rosa che non è poi così straordinaria”.

La stagione del calcio italiano, prima di andare ufficialmente in vacanza, vedrà impegnata la Nazionale. C’è stata una crescita nel calcio italiano per il numero di giocatori azzurri in più schierati da alcune squadre?

“Sì, effettivamente è come si dice. Ci sono stati giovani che probabilmente sono stati lanciati sia perché c’è più coraggio sia perché ci sono straordinari meno bravi di quelli che c’erano una volta. Così è più facile lanciare giovani. Devo però dire che Mancini ci ha messo del suo perché Zaniolo, Tonali, Pellegrini, Kean sono giocatori che il commissario tecnico ci ha fatto scoprire in Nazionale. Quando Zaniolo fu convocato, ancora non aveva giocato una partita da titolare nella Roma: si pensava ad una trovata estemporanea del ct, ma invece aveva ragione lui. Kean, quando è stato chiamato, giocava meno di quanto abbia giocato negli ultimi tempi nella Juventus. Barella, già titolare nel Cagliari, la Nazionale ce lo ha fatto scoprire meglio. Questa è una cosa molto bella: spero continui, ma potrà farlo soltanto se le squadre di club punteranno sui giovani più degli ultimi anni”.