Tu abitavi in via dell’amore vicendevole e io qualche volta passeggiavo da quelle parti lì“. Una frase che Cristiano De Andrè, figlio di Fabrizio, affida alla canzone “Invisibili” che racconta molto dell’oscuro ma affascinante volto di Genova. Ad essere invisibile, oggi pomeriggio, non ci sta provando solamente il presidente Preziosi in quel di Milano durante le trattative con la Juventus nel quadrilatero della moda (col Milan, da quello che ci risulta, si starebbe incontrando il solo Perinetti, ndr), ma ha provato ad esserlo anche Cesare Prandelli mentre ha percorso un itinerario simbolico dal Museo del Genoa, dove è arrivato poco prima delle ore 14, sino a Piazza Piccapietra. Ma a Genova, si sa, non ci si riesce così facilmente malgrado vicoli e zone d’ombra.

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Il tecnico rossoblu ha visitato la sede del Museo rossoblu, accompagnato da Giorgio Guerello, membrai del Consiglio di Reggenza, e da Giovanni Villani, coordinatore del comitato storico-scientifico della Fondazione Genoa oltre che dal professore Bruno Lanteri. La sua visita al Museo è durata all’incirca mezz’ora, facendo tappa anche allo Store. Poi, tra un selfie e qualche saluto, il tecnico del Genoa ha risalito via San Lorenzo, ha fatto capolino in cattedrale e, infine, ha raggiunto Piazza Matteotti dove è stato intercettato da una serie di video e di tifosi. Entrato a Palazzo Ducale, dopo una rapida visita, ecco il saluto con Serena Bertolucci, dallo scorso primo di gennaio presidente di Palazzo Ducale. Lei che già nel 2018, in collaborazione con la Fondazione Genoa, aveva aperto Palazzo Reale ad una serie di conferenze sulla storia di Genova legata a stretto filo con quella del Genoa. Il tutto nel contesto della prima, storica mostra sulla Lanterna che simboleggia la Superba.

Fuori da Palazzo Ducale, prima di concludere l’itinerario, il tecnico rossoblu ha potuto scattare gli ultimi selfie con alcuni tifosi che, valigie in mano, sono rimasti parecchio stupiti quando al momento di scattare una foto alla facciata dello storico palazzo hanno immortalato pure l’allenatore del Genoa.

“Io ho sempre sperato che qualcuno un giorno potesse accorgersi di noi. Ma eravamo invisibili, che non ci vedevamo mai”.

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