Il Portogallo guida il girone completato da Italia e Polonia, entrambe appaiate ad un solo punto e pronte a sfidarsi in quella che sarà una sfida già decisiva nella giornata di domenica prossima, in terra polacca. Ieri si è sbloccato con la propria nazionale, per la prima volta in carriera, il rossoblu Piatek, la cui marcatura ha aperto le danze ma non è bastata alla Polonia per avere la meglio sul Portogallo, vincente per 2-3. In compagnia di Enrico Currò, firma de La Repubblica, abbiamo analizzato il recente risultato fra polacchi e lusitani nonché la gara che attenderà gli Azzurri domenica. Ecco cosa ci ha raccontato.

La sfida di domenica è un passaggio fondamentale visto anche il risultato di Polonia-Portogallo. Che Italia ti aspetti?

Il risultato di ieri è un risultato che, qualunque fosse stato, sarebbe stato decisivo in un girone a tre dove ogni gara è decisiva. Domenica lo è a maggior ragione perché se l’Italia perdesse in Polonia sarebbe un bel guaio: a quel punto non sarebbe neanche detto che con l’eventuale vittoria col Portogallo l’Italia avrebbe la certezza di salvarsi dalla Serie B della Nations League. Che sarebbe un ulteriore smacco per il calcio italiano e per la Nazionale dopo la mancata partecipazione al Mondiale. Partita abbastanza decisiva”.

Guardando i Piatek o gli André Silva di ieri sera, viene spontanea la domanda sul perché l’Italia di oggi non possa più permettersi un vero centravanti.

“Purtroppo credo che queste partite internazionali mettano il dito nella piaga. Mi spiego meglio: contro la Polonia, l’Italia ha fatto veramente fatica a pareggiare. In casa. E la Polonia è stata battuta da un Portogallo senza Cristiano Ronaldo. Il livello dell’Italia non è molto alto in questo momento: è una squadra discreta senza picchi. La storia della Nazionale ci ha abituati ai grandi centravanti: ne è piena la galleria della Nazionale. Da qualche anno non ci sono più. Se guardiamo il tabellino dei marcatori è abbastanza sconcertante: Immobile, quello che ne ha fatti di più, mi pare ne abbia fatti 7. O questi giocatori quando arrivano in Nazionale sono particolarmente frenati da non si sa bene che cosa, diventando come Dottor Jeckyll e Mister Hyde, oppure non sono dei grandi centravanti. Mi sembra legittimo che Mancini cerchi qualche soluzione diversa, lanciando un messaggio a questi attaccanti: sveglia oppure dovrò cercare qualcos’altro. Questo “qualcos’altro” potrebbe anche essere questa nuova formula studiata e provata nei primi 60′ di Genova, dove ha funzionato bene. Gli attaccanti discreti ci sono, ma non sono sufficienti per la Nazionale. Non mi spiego perché in tutte queste ultime convocazioni non ci sia mai stato El Shaarawy. Non sarà un goleador, però mi pare che nel gruppo ci potesse stare”.

Cosa promuoveresti contro la Polonia di quanto visto mercoledì al Ferraris?

“Il gioco prevede due fasi, non soltanto la fase offensiva ma anche quella difensiva. E credo che i problemi dell’attacco ci stiano facendo dimenticare che questa Nazionale ha problemi di equilibrio tattico. Quando è costretta a giocare in campo aperto, qualsiasi avversaria la mette in difficoltà e qualsiasi avversario al di sopra della media, come Malinovski dell’Ucraina che per 10′ ha fatto il bello e cattivo tempo, mette in evidenza questo problema di equilibrio tattico. Un problema che nasce dal fatto che la coperta è corta: se provi a tenere sempre il pallone – ed è legittimo che si provi a controllare il gioco -, innanzitutto devi capire di poterlo fare solo con determinati avversari e non contro quelli più forti. Poi a livello dinamico non è possibile reggere un gioco del genere per 90′ e quando ti calano le energie o c’è sfilacciamento tattico, gli avversari ti fanno male. Non si deve quindi trascurare la fase difensiva. La figura del mediano, per esempio, è letteralmente scomparsa dal campionato italiano ed era un prototipo della Nazionale. Bisognerebbe forse trovare un equilibrio tra la fase offensiva e quella difensiva. Perché un centrocampo a tre è bellissimo, così come lo è l’idea dei palleggiatori, ma è estremamente leggero e crolla quando arrivano delle spallate. A tutto questo Mancini sta pensando perché è un allenatore molto pragmatico. 

A me della gara di mercoledì è piaciuto Bernardeschi, giocatore potenzialmente di grande livello internazionale. Forse l’unico. Mercoledì ha fatto di tutto, in alcuni momenti anche il centravanti. Lui stesso ha spiegato che la formula era senza centravanti: Mancini aveva detto che i tre attaccanti dovevano girare e non dare punti di riferimento. Chiaramente, per caratteristiche fisiche, Bernardeschi è quello che può reggere un ruolo da eventuale centravanti. Mi è piaciuto – ma totalmente da rivedere – il terzino Piccini, entrato nel finale con quell’atteggiamento che dovrebbero avere tutti gli esordienti: aveva voglia di mettersi in mostra e si è spinto molto in avanti in quei pochi minuti che ha giocato. Mi è piaciuto poi Barella, ma potremo vedere se ha lo spessore internazionale solamente se continuerà a giocare. Non mi è piaciuto Insigne perché quando uno in area ha certi palloni non deve cercare sempre il gol capolavoro, ma può tirare una puntata o calciare di sinistro anziché di destro. Magari sei in vantaggio e non vieni raggiunto alla prima occasione dagli avversari: perché quando si spreca troppo è questo ciò che succede”.

DI SEGUITO L’AUDIO CON LE PAROLE DI ENRICO CURRÒ


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