Le attenzioni dopo 7 giornate di campionato sono state tutte rivolte per il VAR e gli arbitri.

Non si giudica la partita per il gioco ma per l’arbitraggio, si viaggia tra dipendenze psicologiche, favoritismi e quant’altro dimenticandosi delle dodici telecamere sulla testa  che potrebbero mettere  gli arbitri in crisi e allo sbaraglio vista la scarsa esperienza,  eccetto 4/5 internazionali.

Tanti di quelli provati per adesso in campo da Rizzoli non sono all’altezza della Serie A non per colpa loro, essendo orfani di una vecchia scuola di arbitraggio. Non sono pronti come tanti calciatori che arrivano in Italia: tutti dovrebbero ripassare l’ABC del calcio e il regolamento del gioco calcio.

Che gli arbitri siano “cornuti” non interessa più a nessuno considerato che le vicende sentimentali non hanno inciso e avuto un riflesso immediato sull’esito delle partite, consapevoli che non solo gli arbitri, ma tutti i dirigenti, calciatori e tifosi stanno tanto tempo tempo fuori di casa durante le gare. Neanche “venduti” si sente più gridare negli stadi: sarebbero schiocchi i direttori di gara visti i lauti gettoni di presenza, non solo con il fischietto in bocca.

Non voglio difendere gli arbitri in  questo strano campionato ma mi metto – perché ci sono stato – nei panni di queste persone che vivono non solamente sotto i riflettori, ma pure  con l’occhio del VAR che coglie anche i centimetri, trovandosi ad assolvere il compito più difficile  che esiste quello di giudicare. Compito sempre difficile anche se si tratta una partita di calcio.

Invece non voglio difendere coloro che fanno le classifiche, definendoli arbitri scarsi alla settima di campionato in base ai voti di quelli che sono in Tribuna stampa. Non voglio difenderli perché nessuno di loro probabilmente si è mai messo il fischietto in bocca, neanche a Carnevale, e un voto viene sempre confezionato solamente in base agli errori. E anche quando va tutto bene prendere un 7 per un direttore di gara è arduo.

Dando dei “scarseggianti” agli arbitri dopo sette giornate di campionato,  eccetto quelli che hanno un pedigree non solo arbitrale ma anche con la stampa specializzata in direttori di gara, sarà difficile farli crescere.

La conferma di tutto ciò arriva al Lunedì nelle rubriche delle moviole dove il giudizio su un arbitro per un fallo, un’ammonizione, un rigore, dipende dal Nord al Sud, da meridiani e paralleli, realtà oggettiva impossibile dopo aver visto e scandagliato immagini al termine delle gare.

Questo campionato iniziato da sette turni sarà il campionato degli arbitri, esclusa la Juventus: distratti, incapaci, poco opportunisti, paurosi, imprudenti, cauti e mai riflessivi  con il VAR dentro le aree di rigore, non  uniformi fuori, con la Moviola replay puntata addosso, anche senza la video sorveglianza, come una pistola e con le parole degli addetti lanciate come proiettili.

Non è colpa dei 21 arbitri se qualcuno sbaglia e si dimostra scarso. Non sono cresciuti con Claudio Pieri e Agnolin saliti in cielo e sotto l’ala di altri della vecchia guardia  che avevano messo su nelle proprie regioni “scuole di arbitraggio”  simulando falli, errori e parole che possono avvenire durante una gara. Mettendo in piedi partite 11 contro 11 tra arbitri con tre a dirigere a turno sul campo e sulle linee laterali.

Entrambi, Claudio Pieri e Agnolin, hanno dato alla categoria signori arbitri da designatori sia regionali che alla Can C e Can A.

Mi riferisco solamente a Claudio Pieri avendolo conosciuto e frequentato da vicino, ma dal cilindro della serie C dell’anno 2005 sono venuti fuori i 7/10 dei direttori di gara che adesso ricoprono il ruolo italiano di arbitro internazionale. Senza dimenticarsi tutti i liguri che hanno arbitrato in Serie A. Adesso solamente uno in pianta stabile: Massa di Imperia.

È mancata una  scuola per quelli che dirigono adesso in Serie A, con l’AIA che attualmente raschia il fondo del barile pagando il fatto di aver diviso i direttori gara tra Can A e Can B  nel 2010 per decisione di Nicchi, attuale Presidente AIA, e Collina. Provvedimento che non ha permesso ai giovani di fare esperienza e di crescere trovandosi alla fine di questo campionato con tre o quattro d.d.g.  adesso chiamati ad arbitrare le gare di cartello con il fischietto da appendere al muro perché arrivati all’età di 45 anni, limite per andare in pensione.

Gli arbitri in serie A attualmente mancano sul piano tecnico e disciplinare.

Sono tutti bene allenati però improduttivi nello spostamento sul terreno di gioco non facendo diagonali, non  entrando nei vertici delle aree, non anticipando l’azione per giudicare meglio. Gli schemi sono fissi e scarsamente intuitivi.

Sono impulsivi, insensibili, difformi e esitanti nella conoscenza delle regole e relativa applicazione visti i falli macroscopici visti in queste sette giornate e non fischiati fuori dalle aree di rigore. Tutto ciò genera l’essere insufficienti sul piano disciplinare. I richiami volanti, i più efficaci e percepiti dai calciatori con il pallone in gioco, non ci sono più; le ammonizioni sono notarili senza richiamo; i gialli e i rossi non sono uniformi e congrui.

E a tutto ciò si aggiunge che hanno (poca) ascendenza sui calciatori per  naturalezza, con  forzature,essendo poco perspicaci nell’intuire il gioco cercando la prevenzione.

Con il VAR, il fratello minore o maggiore della Moviola, l’arbitraggio rivive la stessa massima del Gattopardo: cambiare tutto per non cambiare nulla.

Parole infinite per la gioia di quello che gira intorno allo show del calcio, che si aggirano in bizantini processi via carta, radio e Tv per arrivare a sentenze che sono come Grattacieli. Tutto questo non farà guarire la classe arbitrale specialmente in questo anno che i cavalli di razza sono pochi.

Una soluzione l’avevamo già scritta e anche spedita in Lega Calcio e FIGC: al VAR non ci possono stare gli arbitri che dirigono le gare. Sbagliano in campo e anche dietro la TV.

Solo un esempio: paradossalmente, il compagno del giovane arbitro Sacchi al VAR, in quel di Frosinone, era il palermitano Abisso, uno che contro la Lazio era stato non all’altezza sul piano regolamentare, confermando che non è per colpa dell’erba verde se sbagliano ma per scarsa conoscenza del regolamento.

Il problema arbitrale sarà ad ogni modo difficile da risolvere. Gli arbitri hanno sempre sbagliato come i calciatori con gol e rigori: il problema è che adesso sbagliano dietro le televisioni dopo aver visto immagini rallentate da tre o quattro posizioni. Errore grave, ma una volta l’arbitro era giustificato dovendo fischiare in piccolissimo lasso di tempo. Adesso non può solo essere colpa del nuovo protocollo e del termine “evidente”.

Arbitri, applicate il Regolamento e non interpretatelo!


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