Oggi colpisce dover commentare la prima domenica senza pallone. Il “rompete le righe” è finalmente arrivato anche a Torino dopo la finale di Cardiff, trionfo di un Real Madrid che ha nel centrocampo e in Cristiano Ronaldo due armi micidiali.

Terza coppa dalle grandi orecchie in quattro stagioni per i blancos, secondo successo consecutivo in Champions per Zidane (unico tecnico francese della storia ad aver vinto la maggiore competizione europea, ndr) e doppietta Liga-Coppa dei Campioni per il Real Madrid che mancava da 59 anni. Inoltre mancava da 27 anni la doppia vittoria consecutiva di una finale di Champions League da parte della stessa squadra: l’ultima volta accadde col Milan delle stagioni 1988/89 e 1989/90.

Foto tratta dal sito della UEFA Champions League
In casa Juventus ritornano gli incubi del passato, oltre al fatto che si prolunga un digiuno da successo nell’Europa che conta ormai destinato a superare i ventuno anni. La Juventus per altro diventa, con 7 comparse, la squadra ad essersi presentata più volte in finale senza aver alzato al cielo la Coppa.

Ma queste sono statistiche che la storia accoglierà ben volentieri, alle quali tuttavia dovranno farne seguito altre. “Ci riproveremo” ha detto Allegri nel post-partita, confermando che resterà anche per questo motivo alla Juventus. In casa Real intanto festeggiano – anche il rossoblu Raul Asencio lo ha fatto attraverso i social network – e sono pronti a cercare la tripletta nella prossima stagione, evento che non sale agli onori delle cronache addirittura dal 1976, anno in cui il Bayern Monaco avrebbe trionfato sui francesi del Saint-Etienne con un gol di Franz Roth mettendo in bacheca la sua terza Coppa dei Campioni consecutiva.

A testa bassa si è usciti dal Millennium Stadium e, se vogliamo, anche da Piazza San Carlo. Ma in quest’ultimo caso non per il risultato, ma per la paura che ci fosse un attacco bomba in atto. Negli studi si commentava la partita, mentre a Torino imperversava la paura a causa di una transenna caduta improvvisamente e con grande fragore. In molti hanno ricordato l’Heysel.

E nel frattempo, mentre tifosi e curiosi fuggivano disperati da una piazza San Carlo blindata, a Londra si consumava per davvero il terzo attentato terroristico in meno di due mesi dopo l’attacco a Westminster e Manchester. Scene che rimarranno nella storia e che tanti assoceranno, per data e coincidenza di orari, anche alla finale di Champions League.

Una finale che, tornando al calcio e ai numeri, ha consegnato la 16esima coppa dalle grandi orecchie al calcio spagnolo, che ha digiunato dal ’66 al ’92 per poi riprendersi quanto perduto per strada nell’ultimo quarto di secolo. Il tutto con gli interessi, spartiti tra Catalogna e Comunidad Madrilena. Il calcio di casa nostra si ferma ancora a dodici edizioni vinte, col Triplete interista ultimo sussulto italiano.

Difficile persino chiedersi da dove si debba ricominciare essendo giunta in finale la più forte tra le formazioni italiane, forse non per gioco ma senza dubbio per caratura tecnica e caratteriale. Mandzukic aveva illuso con un gol da cineteca mal digerito da Keylor Navas, una delle componenti più “deboli” dei blancos, che per tutta la stagione sono stati a tratti bersagliati dalla stampa locale che richiedeva – a loro come al Barcellona – portieri di più sicuro affidamento. Fatto sta che la variabile impazzita Ronaldo, supportata anche dalla sfortuna di due deviazioni provvidenziali, ha consegnato al popolo madridista la sua duodecima senza troppi patemi d’animo.

Ora il calcio si prenderà qualche settimana di pausa, coi riflettori puntati solamente sull’Europeo Under 21, a cui prenderanno parte Biraschi e Cataldi; sul Mondiale Under 20, a cui sta prendendo parte anche un Panico in grande spolvero; sulle ultime due finali (la prima si giocherà stasera, ndr) tra Carpi e Benevento per decidere la ventesima squadra a prendere parte alla prossima Serie A e, infine, sulle Final Four del campionato Under 16 a cui prenderà parte anche il Genoa. Il tutto ad anticipare l’anno del Mondiale in Russia, un anno che farà da preludio a tanti mutamenti: il calcio, e soprattutto il mondo intero sconvolto da costanti feedback negativi, necessitano di prepararsi a un profondo cambiamento.