Al termine della finale scudetto Under 18 vinta dal Genoa, dopo i festeggiamenti e le parole di mister Gennaro Ruotolo (clicca QUI per ascoltarle), abbiamo raccolto anche le dichiarazioni di Michele Sbravati, responsabile del settore giovanile del Genoa.

Che soddisfazione è per te vedere alzare questa Coppa?

“È un campionato italiano a tutti gli effetti che premia la categoria 2003 che ha fatto tutto un percorso per arrivare sino alla vigilia del campionato Primavera. Alcuni ragazzi, sia del Genoa sia della Roma, hanno fatto già esperienze in Primavera quest’anno, quindi è un motivo di grande soddisfazione. Al fischio finale è stata una liberazione, un momento toccante ed emozionante: poter “smentire” anche il grande Pippo Spagnolo, che aveva fatto un suo dogma le storiche parole “sei già Genoano e vuoi anche vincere”. Oggi abbiamo cercato di dargli una gioia smentendolo con questo trofeo. Quando sei al Genoa, del resto, non ci sono mai categorie. Quando si vince qualcosa è molto difficile davanti a certi avversari e certe società che investono così tanto. Noi, grazie anche alla società, riusciamo a restare sul pezzo, anche se dobbiamo stare attenti perché il futuro sarà sempre più difficile con tante società che emergono: noi tutti dovremo essere molto attenti al calcio che sta cambiando e gerarchie che stanno cambiando. Abbiamo perso tante finali come Manchester e Viareggio, ma siamo contenti di aver dato una gioia ai tifosi e alla società, che sappiamo essere stata tutta dietro la tv. Siamo contenti per la proprietà, per il presidente, per chi lavora dietro la società e per tutta la scuola calcio. Molti ragazzi stasera provengono dall’attività di base a cui sono stati integrati, negli anni, ragazzi che vengono da fuori, molto umili, che hanno dato il valore aggiunto”.

Cosa ti aspetti da questi ragazzi per il futuro? 

“Vincere i campionati non è l’obiettivo principale della nostra società a livello giovanile. Quando lo si dice dopo una sconfitta o un’eliminazione sembra quasi un alibi: stasera lo ribadiamo di fronte a una vittoria. L’obiettivo della società è formare giocatori per il calcio professionistico e le linee guida che stiamo dando da diciotto anni ci hanno portato ad avere 152 giocatori che hanno potuto coronare il sogno di fare del calcio una professione. Questo è l’input principale. Se crei giocatori forti, bravi, competitivi, “rischi” qualche volta di vincere. Dicevano che questo gruppo 2003 era debole, invece è un gruppo dove ci sono sempre stati dei valori umani, tecnici, caratteriali. I mister hanno lavorato benissimo e il merito va a loro: questo è un premio per tutti. Spero che nel futuro possano coronare quel sogno e possano portarsi dietro questa serata magica”. 

Ruotolo è stato straordinario nel formare questi ragazzi, come lo è stato Konko, come lo è stato Chiappino che oggi era in tribuna…

“Hai fatto bene a rimarcare il ruolo degli allenatori. Non solo quelli di quest’anno: loro raccolgono il lavoro degli allenatori degli anni precedenti. È un lavoro di staff. I tecnici devono portare le loro competenze e conoscenze, oltre al loro modo di rapportarsi, all’interno di linee guida che abbiamo sviluppato da anni. Al centro del progetto deve esserci il ragazzo, ma non solo come calciatore, ma anche come uomo dal punto di vista anche emotivo, relazionale, psicologico. Certo, dobbiamo individuare i ragazzi bravi dal punto di vista tecnico-tattico, ma il futuro è la capacità di gestire le emozioni come lo si è stati stasera, perché stasera siamo stati un po’ fortunati in alcune situazioni. Siamo stati bravi a soffrire col DNA del Genoa, ma anche col lavoro fatto in settimana. Con gli allenatori ci scontriamo spesso, a volte litighiamo, perché devono mettere il ragazzo al centro del progetto e non la squadra. Poi, inevitabilmente, se migliorano i ragazzi migliora anche la squadra. Questa è l’idea che mi sono fatto in vent’anni di settore giovanile e questo è ciò che dobbiamo fare al Genoa”.