Il tecnico rossoblù, Daniele De Rossi, è intervenuto in conferenza stampa a due giorni dalla sfida tra Roma e Genoa. “Come ho ritrovato i giocatori dopo Natale? Li ho ritrovati bene e ho passato un buon Natale. Alla fine è un giorno e sono stato a Roma, in famiglia, quello di cui avevamo bisogno noi e i giocatori. Avevamo fatto un patto: se avessimo fatto dei punti in più avrei dato loro anche un giorno libero in più. Li meritavano per le prestazioni, ma purtroppo il patto è un patto.  Li ho trovati bene, abbiamo lavorato forte i giorni prima del giorno libero. Avevamo fatto un bel carico e un giorno libero ci stava”.

Gli indisponibili sicuri sono sempre gli stessi spiega De Rossi – Abbiamo già parlato degli infortuni di lungo corso, quel piccolo riacutizzarsi di problemi avuti in precedenza come per Cornet e Grønbæk, che però oggi ho rivisto correre. È rientrato Cuenca, è fuori Messias, rientra Østigard. A Thorsby non è uscita la spalla, ha solo avuto uno stiramento del muscolo, ma l’articolazione è intatta e non avrà problemi ad essere a disposizione”.

Domani affronterete una squadra molto fisica e il fatto di recuperare Thorsby può aiutarvi sui palloni inattivi a favore e contro, sui quali la Roma è molto forte e altrettanto fisica. Quanto può essere positivo un suo recupero?

“Un giocatore come Morten è sempre positivo averlo. Come visto contro l’Atalanta, anche a partita in corso entra e ti dà una mano. Ha fatto partite molto importanti sia dal punto di vista del fisico sia dal punto di vista dell’apporto offensivo e tecnico. Ci ha dato una mano, è uno molto importante quando pensi di fare una partita nella metà campo offensiva avversaria perché è uno che invade e si inserisce sempre molto bene, sia di testa sia coi tempi giusti. È giocatore prezioso in qualunque partita”. 

Ha recuperato Østigard, ma da cinque partita sono in grande crescita sia Otoa sia Marcandalli. Sarà difficile adesso incastrare il rientro di Østigard? O meglio: lei vede il difensore norvegese anche sul centrodestra oppure centrale con Otoa sul centrodestra?

“Torniamo al discorso del poco tempo, delle poche possibilità per fare prove e tentativi. Andiamo un po’ a ritroso con gli anni cercando di vedere quando questi giocatori hanno giocato anche da braccetto. Abbiamo visto che Østigard l’ha fatto una volta col Rennes contro il PSG. Otoa nasce terzino che spingeva e braccetto, quindi può farlo. Marcandalli è una garanzia e sta crescendo partita per partita. Ci teniamo ancora 24 ore per decidere da questo punto di vista. L’unico che ha un ruolo un po’ diverso è Sabelli, terzino puro, che non è difficile incastrare in questo schema e vedere centrale di destra”. 

Ellertsson ha sempre mostrato duttilità?

“Di Ellertsson avevo sentito parlare molto bene da un allenatore che lo aveva già allenato, ma mi sta sorprendendo e sempre più sta iniziando a mettere assieme qualità tecnica e qualità fisiche impressionati. È un giocatore che scatta, che fa alta intensità, che fa volume: è un giocatore veramente importante non solo per quanto fa in campo, ma anche per quante posizioni può ricoprire. Può fare la mezzala su tutti e due i lati, il quarto a destra, il quinto a destra. Magari scopriremo anche altre sue doti. Sono molto contento di lui”. 

Come ha visto Ekuban in questa settimana?

“Per me Ekuban è una sorpresa continua, è un giocatore molto forte. È partito un po’ indietro nelle mie idee rispetto ad altri e mi ha sorpreso per l’atteggiamento negli allenamenti. All’inizio aveva anche qualche acciacco, che non era una novità nella sua carriera, ma ora sta trovando continuità di allenamenti, ritmi e partite. Le ultime partite le ha fatte sempre bene. L’ultima è stata forse la migliore, da solo ha fatto reparto. Ma da solo non può fare nulla. La squadra ha giocato da squadra e lui è stato il giusto terminale offensivo. Detto ciò, Colombo ha fatto due gol e assist, Vitinha altrettanti gol e assist. Ora non ricordo bene i numeri. Ekhator ogni giorno si allena meglio, mi sembra sempre più dentro alle mie richieste. Non che prima non lo fosse, ma ora sta vivendo questo momento non più da giovane calciatore, ma da giocatore fatto. Sono contento degli attaccanti che abbiamo”. 

Dopo l’ultima partita aveva parlato di “cuore spezzato”. Come sta il vostro umore? Non è sempre facile gestire questi momenti, quando arrivano buone prestazioni ma non i risultati. Non deve essere facile…

“Non è facile, ma è una parte importantissima del nostro lavoro il cercare di cogliere tutti gli aspetti importanti. Anzitutto l’analisi della partita, visto che parliamo di calcio. Due buone prestazioni, ma non due prestazioni uguali. Con l’Inter abbiamo fatto una buona prestazione, di cuore, alla fine la abbiamo raddrizzata, ma c’è stato un dislivello netto di gioco e qualità a oro vantaggio. Con l’Atalanta è stata una grande partita ed era necessario analizzarla per quello che era. E non meritavamo assolutamente di perdere. Va analizzata la prestazione, non sol il risultato. Da qui all’essere euforici per aver perso due partite di fila in casa, ce ne passa. I giocatori sono intelligenti e ci arrivano da soli. Questo gruppo è serio e professionale: non ci abbattiamo o distruggiamo. Sappiamo che mancano venti partite e c’è tempo per andare benissimo e tempo per andare malissimo ancora. Siamo partiti abbastanza bene in questo mio mese e mezzo, ma abbiamo ancora tempo per rovinare tutto oppure per fare un finale di stagione da sogno. Serenità, si parla di calcio. Analizziamo il calcio e le partite. Dico le cose come stanno, più a loro che a voi: qui li proteggo sempre. Poi, con loro, le cose le andiamo a sviscerare meglio. Son soddisfattissimo delle partite con Atalanta e Inter, sapendo bene che a noi servono i punti”. 

Mentalmente il fatto di aver fatto benne prestazioni, ma non aver fatto punti, ha inciso sui ragazzi o se lo sono lasciato alle spalle?

“Incide su di me, incide sui ragazzi. C’è sempre quella sensazione di ingiustizia sportiva, che però è giustizia perché il calcio è questo. Nessuno ci ha promesso che tutte le partite che giocheremo saranno giuste e, probabilmente, ne vinceremo qualcuna che non meriteremo di vincere. Anche un pareggio a Udine non sarebbe stato una vergogna da parte dell’Udinese. Il calcio, bene o male, si equilibra. Io sono contento delle prestazioni che abbiamo fatto perché penso che, attraverso quelle prestazioni e l’oscillare tra una partita fortunata e una sfortunata, alla lunga tireremo fuori punti per salvarci alla grande”.

Come si affrontano le squadre di Gasperini?

“Si affrontano con grande cautela e rispetto, consapevoli che lui spesso all’ultimo cambia la formazione. Magari con qualche colpo un po’ a sorpresa. Non è uno che ha sempre le stesse formazioni prestabilite. Si prepara sulle nostre basi, senza farci condizionare troppo dall’attaccante piccolo o alto, il traino fluidificante, il braccetto, perché magari arrivi lì e trovi la sorpresa e con un cambio di formazione magari avevi preparato una partita e te ne trovi un’altra. Sappiamo come ci verranno ad affrontare. Non aspettano nessuno, vengono a prendere tutti in maniera aggressiva. Dovremo essere molto attenti a non concedere spazi e palle perse nel nostro primo spicchio di campo. Grande rispetto, senza paura. Princìpi non troppo differenti da quelli che avremmo voluto esprimere contro l’Atalanta, che è una squadra che gioca tutto sommato in maniera simile e con valori anche simili. Forse l’Atalanta davanti è ancora più forte, mentre la Roma a centrocampo e in difesa è più forte dell’Atalanta. Sono squadre che, alla lunga, si equivalgono”.  

Quanta gente ha già incontrato a Roma in questi giorni di Natale? 

“Se n’è parlato anche troppo. Quando vado a Roma non è che c’è il comitato d’accoglienza in aeroporto. È stata una giornata normale. Come famiglia siamo tranquilli, riusciamo a tenere il calcio quanto basta al di fuori dei nostri momenti di vita vissuta e normale. Sarà una partita, contro una squadra che ho già spiegato cosa significa e significherà per me. Negarlo e farlo diventare un tabù sarebbe ridicolo e credo che nessuno si debba offendere. Ho vissuto questa settimana tranquillo come ho vissuto tutta la mia vita. Ce l’ho scritto in faccia qual è la mia fede calcistica, lo sanno tutto. Rappresento quella squadra, ma l’ho vissuta con grande dignità nella quotidianità della mia carriera da calciatore e l’ho vissuta con dignità quando ero fuori, senza mai chiedere di rientrare o un posto per collaborare.  Sono stato anche senza la Roma. Per me è tutto molto normale. Sarà una novità che mi aspettavo sarebbe arrivata. Non ho mai creduto agli ex che vanno lì, fanno gol, si disperano. Io voglio fare bella figura, voglio vincere. Non c’è quella parte di acrimonia, astio e vendetta che tanti ex hanno. Manca quello, è una cosa positiva, ma io e mio staff abbiamo vissuto la settimana con l’idea di vincere a Roma e ci svegliamo ogni mattina col solo e unico obiettivo di salvare il Genoa. È la nostra sola missione”. 

Come sarà il De Rossi in panchina dovesse esultare per qualcosa? Tra l’altro ci sarà il divieto di trasferta per i tifosi del Genoa, mentre quelli della Roma la accoglieranno come merita…

“Non lo so, è la prima volta. Vediamo che succede. Non mi piacciono quei giocatori che cambiano venti squadre e probabilmente non esultano mai. Per quella che è stata la mia carriera e la mia vita, un minimo di contegno, per rispetto, lo dovrò avere. Se faremo gol, sarò felice. Se vinceremo, sarò felice. Penso che sia chiaro ed è giusto dirlo. L’affetto reciproco che c’è coi tifosi della Roma nasce anche dal fatto che no ho mai detto loro bugie. Non ho motivo di dirne. Se vinceremo, sarò contentissimo e farò di tutto per vincere la partita. Se dovrò chiamare i giocatori, non è che sto zitto. Se devo protestare con l’arbitro, protesto. Non sono uno che esulta particolarmente ai gol. Ecco, dovessimo segnare con un gol al novantesimo non esulterò come ho esultato a Udine quando ha segnato Cristante. Un minimo di contegno, per una vita passata con quella maglia, glielo porto e glielo devo. A fine partita saluterò i tifosi della Roma, qualsiasi sia il risultato, ma mi sarebbe piaciuto anche fare un passaggio sotto lo spicchio dei Distinti dove ci sarebbero stati i nostri tifosi. Così non è, sono cose che passano al di sopra delle nostre teste. È sempre una sconfitta per tutti quando i proprio tifosi non possono seguirti in trasferta visto che i nostri quando vengono si muovono in massa, di pomeriggio, anche di lunedì, in settimana. In campo non cambia nulla, andiamo a fare la nostra partita. Se non abbiamo mai vinto all’Olimpico, avrei preferito provare a farlo davanti ai nostri tifosi“. 

Su Gasperini: “Gasperini per me sarà un riferimento in qualunque squadra andrò ad allenare. Ognuno, poi, cerca di mettere il suo dentro la su squadra, adattandolo alla squadra del momento. Questo Genoa non è quello che ha allenato Gasperini, ma lui è un punto di riferimento stracopiato da tutti in questi anni perché, tra i primi, ha riportato un tipo di calcio che era finito un po’ nel dimenticatoio, vissuto come calcio vecchio e obsoleto. Lo ha reso nuovamente moderno e offensivo, mentre prima questo giocare uomo su uomo era solo cercare di non prendere. È un grande punto di riferimento per me. Ci siamo anche sentiti anche in passato, non in questa settimana, in maniera privata. C’è stima da parte mia, abbiamo amici in comune e ci siamo sentiti quando lui è arrivato a Roma, pensando a tutto tranne che io potessi prendere questa panchina. Ho stima per lui professionale e umana. Al di là della partita, sono contento che stia facendo bene. Per me è stato un punto di riferimento per me, non solo perché è stato importante qui a Genova”. 

Vitinha ha raccontato che ha regalato una bottiglia di vino a tutti i giocatori per Natale. Adesso si aspetta un regalo indietro all’Olimpico?

“Quando riesco ad arrivare a dicembre, faccio sempre un regalo a ragazzi e staff. Stavolta più che mai era un piccolo gesto per ringraziarli per l’accoglienza. Sono stato accolto bene, anche dalla città. Posso andare in città a portare porta a porta, uno per uno, a portare una bottiglia. Prendo i ragazzi come esempio, siamo stati accolti molto bene. Un allenatore dipende dai propri giocatori e dal proprio staff. È un piccolo gesto, una sciocchezza: mi faceva piacere avessero un piccolo bigliettino dove li ringraziavo. Non c’è debito: io dipendo da loro e loro da me. Purtroppo – o per fortuna – i tifosi del Genoa dipendono da me e da loro .Spero più che altro “per fortuna” e spero di portarli presto fuori da questa situazione di classifica dove li abbiamo trovati, che non è la migliore”.  

Come ha alleggerito la pressione su Sommariva in vista di questa partita a Roma, all’Olimpico, dove il Genoa non ha mai vinto contro i giallorossi?

“L’abbraccio era un ringraziamento, non un abbraccio di consolazione o un rincuorarlo. Non so se avete bene chiaro quanto possa difficile fare il terzo portiere. In teoria è facile: non giochi mai e ti alleni e basta. Ma poi dover giocare e avere quel tipo di approccio alla partita sia con le mani, ma soprattutto con i piedi (perché era dentro ogni giocato che avevamo preparato) e con un riferimento in meno, è stato grandioso. Gli hanno saltato davanti due o tre giocatori alti due metri e ha preso gol. Succederà ancora tante volte nella carriera di Sommariva, succederà nella carriera di tanti portieri tra i più forti al mondo, di Svilar. Non c’è nessuna cosa da andare a sviscerare tra me e lui, tra lui e la squadra. Ha fatto un’ottima prestazione, ma ha preso gol alla fine. Ripartiamo con grandissima fiducia in lui. Il fatto che lui sia Genoano dentro penso sia una motivazione in più e il fatto di giocare contro una squadra così forte dal punto di vita offensivo lo renderà ancora più attento al fatto di non prendere gol”.


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