Il centrocampista del Genoa, Morten Thorsby, ha rilasciato una lunga intervista ai microfoni di Cronache di Spogliatoio che in collaborazione con Pulsee ha intervistato anche i compagni Pinamonti e Frendrup (clicca QUI per l’intervista completa). Ecco, di seguito, le dichiarazioni del norvegese:
“Ho avuto un percorso nel calcio un po’ diverso dagli altri – inizia Thorsby – non ho mai fatto la normale scuola calcio, ma fino a 14/15 anni ho fatto tantissimi sport, dallo sci di fondo allo sci passando per il tennis. Qua in Italia se giochi a calcio da giovane, poi giochi solo a calcio. Noi invece facciamo tanti sport: devi capire magari movimenti differenti, ma è un altro modo di pensare lo sport. Per me è stato bellissimo: alla fine ho scelto il calcio. Si vede che non c’è solo una strada per diventare calciatore professionistico. In Norvegia, in inverno, per sei mesi ci sono freddo e neve e, quando ero piccolo, non c’erano tanti campi artificiali. D’inverno facevo sci di fondo e hockey e ad aprile cominciavo a giocare a calcio per sei mesi. A 14/15 anni ho iniziato a fare solo quello sport. Si dice che devi giocare più possibile a calcio, o forse si può pensare che è meglio fare tante cose e imparare movimenti differenti prima di decidere. Con me ha funzionato bene”.
Si passa poi al modulo preferito: “Tutti noi abbiamo un ruolo preferito, ma si vede che il calcio è uno sport di squadra e tu puoi dare il meglio di te solo se hai una squadra che funziona. La squadra è fondamentale anche per te stesso. Ovviamente per noi è una cosa individuale, ma tutti abbiamo bisogno della squadra. Non c’entra tanto il sistema, ma il gruppo. Forse ragione più come un centrocampista“.
Il centrocampista norvegese parla della sua iniziativa di riciclo di scarpe e vestiti da calcio che altrimenti andrebbero buttati. “Abbiamo un progetto in Italia e in Norvegia dove raccogliamo tutti i vecchi vestiti e le vecchie scarpe da calcio per dare loro una nuova vita, perché oggi più del 90% della roba che abbiamo utilizzato finisce in natura o la mandiamo in altri Paesi, come l’Africa, dove viene poi buttato. È un ciclo non sostenibile e vogliamo proporre una nuova idea di come possiamo farlo“.
“Per me tre anni fa, quando giocavo in Germania – risponde Thorsby alla domanda su quale è stato il periodo più difficile della sua carriera – Avevo tanti problemi fisici, un anno pieno di difficoltà che mi ha dimostrato come la salute venisse prima di tutto. La salute viene prima, senza quella non puoi fare niente. Meno male che i problemi si sono risolti e adesso sono contento di stare bene, perché ovviamente ti permette di rendere di più. Paura di smettere no, ma quando da giovane pensi di essere immortale e dopo arrivavano tanti problemi tutti allo stesso tempo, diventa difficile comprendere la prima volta. Non ho mai pensato di fermarmi”.