Esiste una logica del paradosso come quello   di altre gare, solamente che questa volta il Genoa non ha fatto il risultato: ha provato quasi costantemente a fare gioco, lo ha fatto male con la più brutta partita tra le 12 giocate e così la Reggina ha vinto.  

Il Genoa per l’impostazione tattica e tecnica ha cercato di fare il gioco offensivo praticando il non mai abbastanza deprecato gioco orizzontale sul centro del centrocampo e non in difesa, con arresto e nessun dribbling , passaggi brevi e sempre di lato. Al contrario la Reggina sopraffatta dal gioco velleitario avversario, essendovi poca coesione e articolazione di reparti, s’è contenuta prudente in difesa sciabolando all’attacco ogni qual volta le si offrisse l’occasione.

Il Genoa per la prima volta non è riuscito a concludere verso la porta avversaria e il portiere calabrese non ha fatto una parata. Gli attacchi del Vecchio Balordo si concludevano tutti in un’area frequentatissima e la Reggina ad ogni lancio o respinta lunga dei suoi difensori in poche battute essenziali giungeva nell’area di Semper.

In fase offensiva i genoani appaiono troppi minuziosi e poco calibrati nel tocco, in porta tirano poco e insistendo a passare nel breve e anche in  area fanno il gioco degli avversari,  tanto peggio poi se questi avversari riconosciuti da tutti posseggono lo scatto di Canotto e Rivas sulle corsie laterali.

Partite come quella giocata dal Genoa a Reggio Calabria non decidono il campionato. Importante ricordarsene da parte di Blessin e lo staff. Gare come quella disputata dai calabresi il Genoa se ne troverà ancora tante in casa e fuori casa: catenaccio grintoso e sorniona attesa di coloro che dovrebbero essere i solisti alle spalle di Coda, marcato con doppia blindatura.

Le folate del Genoa non travolgenti, i cross dalla trequarti facile presa del portiere avversario, nel continuo turbinare degli avversari con l’elementare tattica delle difesa in forze, del corridoio chiuso, dell’uomo di riserva in seconda battuta figli del santo catenaccio sempre reietto e pur sempre da esaltare. Insomma, è stato un colpo basso per Blessin che dovrà cercare nel futuro altre strategie tattiche. Incominciare a ragionare su come superare una squadra chiusa, variare la tipologia d’attacco perché insistere con la stessa modalità non porta occasioni. Guardare e riguardare bene la gara con i calabresi perché cambino i concetti di gioco di Blessin e gli spazi da governare.

Il Genoa deve imparare a riconoscere gli spazi non occupati, se gli avversari si stringono centralmente sfruttare l’ampiezza con due  esterni molto larghi obbligando i terzini avversari ad allagarsi, cercando gli spazi davanti all’area avversaria e utilizzandoli bene. Tutto succede con un movimento a muovere il gioco e giocando senza pallone.

La tattica e il modulo c’entrano, ma l’iniziativa personale dei calciatori data da coraggio, fantasia, intraprendenza del singolo sullo stretto calabrese sono mancati in tutti i giocatori che dovevano fare la differenza compreso l’ottimo Strootman delle precedenti gare, forse troppo sballottato sugli arei e dalla morte del papà.

Il Genoa non ha saputo reagire con la necessaria potenza alla tattica prudenziale dell’avversario. Il catenaccio, ancorché fisso, ha confermato la sua sostanziale bontà sotto l’aspetto agonistico. Che altro raccontare sulla sconfitta calabrese del Vecchio Balordo? Niente di bello. Il Grifone a testa bassa ha cercato il gol del pareggio sempre però con un gioco scadente.

Oggi diciamo che il Genoa non ha giocato bene ma contro una difesa decisa a rompere importa più come ha perso la netta visione dell’attimo, il tempismo, l’opportunità dei passaggi e del tiro a rete, smarrito nell’affanno di superare la difesa reggina in diagonale e anche in altre caratteristiche non tecniche. Neanche i cambi di Blessin hanno portato vantaggi.

La partita con la Reggina dovrà essere altra lezione da mettere a frutto. Una sconfitta non solo al peperoncino ma alla ‘nduja, perché darà fiato alla critica. 

Sulla partita un ultimo passaggio su Maresca. Arbitro internazionale di poca garanzia tecnico-disciplinare, otto ammoniti di cui 6 del Genoa. Fischia il primo rigore e dopo sbugiarda il Var andando a vedere le immagini, ammonendo Sabelli per leggera trattenuta della maglia con il pallone non più in gioco e Bani per proteste: difficilmente quando vengono consultate le immagini Tv viene assegnata la massima punizione.

Il secondo rigore netto di Czyborra, che ha confermato il passato di saper attaccare meglio che difendere, è causato da un fallo importante dei calabresi nella propria metà campo non fischiato. Il Var poteva e doveva intervenire quando il vigile del fuoco di Napoli ha fischiato la massima punizione, ma dopo esser stato non recepito in precedenza ha preferito non  contraddire un internazionale. Il Genoa con Maresca è alla nona sconfitta su 16 gare.   

Calma, il campionato del Genoa inizierà nuovamente domenica prossima contro il Como. Dopo 12 giornate di campionato al Vecchio Balordo, oltre essere secondo in classifica, restano a disposizione 78 punti e ognuno faccia i suoi calcoli domenica sera alla fine del primo quarto di campionato.

Senza dimenticarsi che dopo la sosta di novembre il Genoa potrebbe avere il calendario in discesa come è successo a chi lo precede in classifica giocando al Ferraris con Cittadella, Südtirol e Frosinone, gare da non sbagliare lasciando la sindrome casalinga nello spogliatoio. Fuori casa ci saranno Perugia, Ascoli e Bari.