Passo indietro del Genoa di Sheva dopo le due prime compatte equilibrate prestazioni contro Roma e Udinese. Il Milan, arrivato con le corna al Ferraris dopo le partite senza contro Fiorentina e Sassuolo, ha stravolto il Vecchio Balordo sul piano fisico e tecnico. Difficile affermare, alla fine della gara, se è stata solo una deficienza dovuta alle assenze, all’incontro ravvicinato oppure il gol in apertura di Ibra, una pennellata d’autore in una barriera formato gruviera che ha fatto saltare la strategia di Sheva. È mancata la reazione alla prima sberla del Diavolo non per colpa della tattica o della corsa ma per la mancanza dei fondamentali dei calciatori genoani in campo.

I fondamentali nel calcio sono il controllo, la battuta di piede e di testa. Basilari movimenti che sono mancati in particolare nella fase di possesso non solo agli attaccanti ma anche ai centrocampisti che dovevano inserirsi. Il controllo del pallone, tutti i movimenti necessari per  fermare un pallone in volo o in rotolamento, nelle battute – adesso si chiamano transizioni  – di testa e di piede, movimenti necessari a indirizzare il pallone per servire un compagno, non possono mancare a chi gioca in Serie A. Sheva e chi lo ha preceduto sulla panchina del Genoa non possono fare miracoli sulla tecnica calcistica: provano attraverso la tattica a fare la partita, operazione che salta al minimo errore. Sheva e Tassoti dal loro arrivo hanno cercato di  mascherare i difetti dei singoli attraverso un sistema equilibrato come il 3 5 2, ma tutto va in fumo se non hai calciatori giusti al posto giusto in particolare sulle corsie laterali e a centrocampo. 

Il 352 che si è visto contro l’Udinese, il 532 che contro la Roma ha funzionato meglio, contro il Milan  ha fatto vedere che se i due esterni non salgono a partecipare alla manovra il Grifone ha sempre rischiato l’inferiorità numerica a centrocampo e Ibra che ha quasi passeggiato sul prato verde e i compagni  hanno  avuto tanti punti di appoggio laterali, centrali troppo liberi attraverso il palleggio difficilmente sbagliato. Il Diavolo aveva in campo esterni di difesa che operavano da ala destra  e sinistra,  gli esterni alti da mezzali e i centrocampisti genoani si sono persi nel cuore del gioco. Per Sheva e Tassotti è stato difficile rimediare l’unica soluzione all’italiana catenaccio e contropiede. Quando conquistavano il pallone  basso avendo l’unica  possibilità di andare avanti con il lancio lungo sulle punte isolate a fare da boa  con le spalle alla porta avversaria per far salire la squadra svaniva  per il fondamentale dello stop non riuscito.

Di Sheva e di quello fatto con l’Ucraina, nel tempo, per adesso non si è visto nulla. Sheva e Tassotti hanno dimostrato per adesso  di sapersi adattare all’avversario  di volta in volta, cercando di mettere  in campo una squadra compatta, equilibrata abile nel difendersi pressando bassa ma non è riuscita a colpire in contropiede. Tre partite zero gol. Non  è solo colpa degli attaccanti ma anche dei centrocampisti, difetto atavico da lungo tempo, che a turno non si vanno a posizionare nello spazio libero lasciato dall’attaccante venuto incontro al pallone oppure cambiando il gioco sulla fascia opposta, giocata quest’ultima che avrebbe potuto mettere in crisi Pioli e il Diavolo considerato gli spazi che hanno avuto a disposizione Ghiglione e Cambiaso, mai serviti quando l’azione si svolgeva dalla parte opposta. Solo 7/8 azioni concluse verso la porta avversaria in tre gare faranno riflettere Sheva e Tassotti, provando a cambiare anche il modulo?

La frustrazione della panchina l’ha fatta vedere Portanova appena entrato con un’operazione studiata. Come tanti genoani presenti sugli spalti, anche lui scocciato di vedere giocare Maignan portiere avversario sulla trequarti come al calcetto ha cercato di fregarlo con un lungo pallonetto alla “Maradona”. Operazione non riuscita per una grande parata. L’operazione sfiga per il Vecchio Balordo continua anche in questi episodi mentre per gli altri non esiste, basta rivedere il secondo gol di Messias, un pallonetto beffardo, neanche voluto, da dentro l’area senza contrasto di alcun genoano. Ad oggi per Sheva, Tassotti e il nuovo staff il successo nel campionato italiano con questo Genoa è come correre dietro una gallina: sembra facile acchiapparla ma in realtà è difficilissimo.

Un grazie a Gianni Blondet per quello che ha fatto in silenzio per il suo Genoa. Un Grazie alla Gradinata Nord per i canti, il rumore, la spinta data alla squadra, peccato che erano dietro le griglie e non in campo. Grazie di riempire sempre la parte più bella del Tempio. Solo 11.500 spettatori paganti ieri sera e addirittura solo 300 biglietti venduti a cinque euro per gli under 18 nella Sud. Leggere non solo le gare del Vecchio Balordo ma anche il futuro immediato diventa difficile: occorre una scossa americana nel far capire come vogliono salvare il Vecchio Balordo. Il futuro a stelle e strisce è stato accettato da tutti.

L’attuale depressione di risultati di gol fatti e subiti non sarà accolta come una malattia cronica, il popolo genoano non  si stacca dalla realtà. “Il Diavolo ha fatto le pentole ma non i coperchi”. Tre indizi, come le tre gare giocate da Sheva, sono una prova.

Tutti d’accordo, i  pasticci sono stati combinati nel formare la rosa genoana 21/22, gli infortuni ci hanno messo il carico da 90 (speriamo che non sia nulla per Rovella) e le conseguenze per adesso non inevitabili. Mancando 32 giorni all’inizio del calciomercato invernale, bisogna vedere un “coperchio” Made in USA alla svelta per rincuorare il popolo rossoblù a quarti.