Molti dei cosiddetti “uomini di calcio” si riempiono la bocca (basta aver ascoltato la finale di ieri sera tra Roma-Genoa Under 17 che non è stata una cronaca, ma un copia-incolla di notizie scoperte all’ultimo minuto solo ed esclusivamente fronte giallorosso) di orgoglio quando si parla del settore giovanile dimenticandosi, però, di andarli a vedere giocare durante la stagione.

Il settore giovanile del Genoa non può essere una “cantera” spagnola o una scuola Ajax: è una nobile eccezione, che ha una filosofia da associare alla territorialità, modello Athletic Bilbao, che sceglie calciatori nati o formati nei paesi baschi. Il Genoa lo fa, invece, con giocatori cresciuti in Liguria.

Il modo di intendere il settore giovanile al Genoa è diventato centrale anche per il futuro della prima squadra. Il Genoa dei giovani sta facendo scuola a livello di vivaio andando ben oltre il conseguimento del risultato. Risultato che è solo un contorno: è importante, primariamente, che crescano i ragazzi sotto il punto di vista calcistico e umano affinché la squadra tragga giovamento dall’essere un insieme prima di uomini che di calciatori.

Con i mezzi a disposizione e un territorio difficile per conformazione geografica, senza strutture come quella della Juventus e compagnia, ma suddivisi in campi sparsi da Arenzano a Voltri passando per Prà, Begato, Foce e Coronata, c’è l’obiettivo di creare calciatori e quando arrivano o non arrivano i risultati si è ugualmente contenti. Al centro del progetto c’è la crescita del ragazzo, che sia ligure o arrivi da fuori (anche dall’estero). Una crescita a 360 gradi dal punto di vista professionale, sportivo e umano.

Tutti devono apprezzare il lavoro del settore giovanile genoano, da dove si parte e cosa di raccoglie. Nessun modello, ma tanto lavoro extra-campo da parte di allenatori e dirigenti. Ed ecco che dal Genoa dei millennial arrivano risultati.

La struttura del settore giovanile del Genoa è una macchina complessa con molte location dove svolgere le attività. Col tempo, viste le angustie delle casse rossoblù a quarti colpite dalla Pandemia, si spera che possa diventare un modello il concetto delle squadre di riserva. Un modello di cui il calcio italiano avrebbe disperato bisogno in questo momento di crisi economica  per provare a ridurre il gap con gli altri movimenti calcistici europei e, nel campionato nostrano, il divario tra club della parte sinistra alta e tutte le altre società.

Aver portato Under 17 e Under 18 alle finali nonché la Primavera ad un passo dai playoff è un segnale di come il settore giovanile del Grifone sia sulla strada giusta. Non c’è bisogno di auspici: il lavoro continuerà su tutti i campi di allenamento dimenticando le vittorie e le sconfitte con un solo obiettivo: continuare a crescere.

Queste poche righe per ringraziare Sbravati, Taldo, Chiappino, Ruotolo, Konko e tutti i dirigenti e allenatori delle leve 2003 e 2004 per il lavoro svolto quasi in sordina. E con loro per ringraziare anche il lavoro di chi questi ragazzi li ha visti crescere nelle leve precedenti, spesso dalla scuola calcio fino ad oggi. Grazie per ciò che è stato fatto per portare il Grifone agli onori – perché no – anche dell’Europa calcistica.

Di Lino Marmorato, Alessio Semino, Lorenzo Semino