Altra sconfitta non difficile da raccontare per il Genoa perché è avvenuta con le quasi identiche peculiarità delle altre. Ballardini prepara bene le gare per una settimana, prende un gol su rimpallo dopo 28’ di gioco, la squadra va in braghe di tela tatticamente per non lasciare spazi e ripartenze, non potendo continuare la partita come era stata preparata, da attendista ma con propositi positivi per cercare di fare risultato.

Il gollonzo di Correa è stato preparatorio per far volare l’Aquila a fare quello che le piace di più: attrarre l’avversario verso la linea centrale del campo per infilarlo in profondità con le punte e i tagli di Milinkovic-Savic, aiutati dall’ampiezza cercata dagli esterni.

Il secondo gol di Immobile su rigore sul finire del primo tempo, condito da altro errore di marcamento di Radovanovic, è stata una sassata dura da digerire nell’intervallo. Ballardini nell’intervista post gara ha ammesso che il risultato e la strategia è saltata per errori grossolani e evidenti.

L’umiltà, la signorilità, la professionalità dell’uomo Radovanovic nessuno potrà mai metterle in discussione e mai sono state messe in discussione da tutti gli altri allenatori che hanno preceduto Ballardini sulla panchina del Genoa.

Radovanovic, però, non è un marcatore e non è uno stopper roccioso, generoso, invalicabile. Sono passati quei tempi, la parola stopper non esiste più, oggi di moda va difensore centrale. La scelta di Ballardini è stata ed è giusta perché al Genoa serve anche nel cuore dell’area un calciatore pensante, ma chi viene chiamato a svolgerlo non deve dimenticarsi ciò che è sempre stato il ruolo del difensore: impedire all’avversario di fare gol, che è il centro di tutto. Quello che servirà nelle prossime quattro gare dove conta solo il risultato. Per Radovanovic protagonista nelle prime due reti laziali è difficile imparare le letture di un difensore centrale come è successo con il gol di Correa e soprattutto sulla marcatura di Immobile (con le spalle alla porta è normale: nello spazio, in profondità, frega chiunque senza lettura della marcatura).

Giusta la strategia di far giocare Eldor dal primo minuto considerato, pensato e previsto bene che la Lazio avrebbe lasciato abbondanti spazi nella sua metà campo. Piano letto subito bene da Inzaghi Jr con un pressing ultraoffensivo anche nei confronti di Perin per non permettere il lancio lungo. Il Vecchio Balordo non è riuscito a superare il primo pressing e le due punte sono rimaste sole nel deserto laziale. Raramente si è visto Zappacosta, neanche Lazzari il suo dirimpettaio: annullamento a vicenda. La carta Zappacosta è troppo importante per il Genoa, mentre quella di Lazzari ha influito meno sul gioco laziale.

Sul vantaggio laziale il Grifone è andato in avanti ma ogni passaggio sbagliato in fase di possesso è stata una ripartenza a campo aperto nel burro della fase difensiva rossoblu a quarti. Il secondo tempo degno del fantasma di Villa Piantelli che segue il Genoa ha fatto mangiare scotto il pranzo della domenica considerato il 4-1 laziale tentato di agguantare, tornando velocemente davanti alla TV.

La carica di Ghiglione, che non si darà pace sul perché non giochino esterni di ruolo nel 3-5-2, l’autogol di Marusic su un suo cross, le belle statuine sul campo sul terzo gol di Correa, la voglia di gol delle stelle biancocelesti e non di giocare da squadra hanno alterato la gara, 4 a 3 a dieci minuti dalla fine.

Difficile capire se è stato solo merito dei cambi di Ballardini, tutti fatti giustamente con vista la prossima partita. Più facile pensare, visti i cambi di Simone Inzaghi, che le tre stelle (Milenkovic, Luis Alberto, Correa) vedessero solamente la porta di Perin e non il gioco a centrocampo di squadra. Bravo il Genoa ad approfittarne. Bravo il Genoa anche nel primo tempo a non dare tempo  e spazio ai tenori biancocelesti, punito solo dai propri errori.

Tutto il lavoro di Ballardini non viene premiato ultimamente perché il terzo di centrocampo non contribuisce all’azione coprendo la corsia laterale e dà poco fiato a quella offensiva. In una difesa a tre i raddoppi dei centrocampisti sono l’arma in più in fase difensiva. Nel 3-5-2 o 5-3-2 l’asse del gioco è laterale con 4-5 calciatori giocatori a metà campo e una squadra molto raggruppata (corta): bloccato Zappacosta, bisognava inventarsi qualcosa sulla corsia opposta da parte di Zajc nelle due fasi di gioco.

Perin davanti al CT Mancini seduto in panchina ha dimostrato di valere una convocazione per l’Europeo, al di là del quarto gol di Correa. Rovella non in castigo ma in panchina qualche partita si è ricordato qual è il ruolo di mezzala, pronto a giocare non solo con il pallone ma anche senza. Bravo.

Gianni Brera oggi scribacchierebbe: “mi piacerebbe sapere la dose delle amine psicotoniche dei tifosi rossoblù” dopo i risultati della trentaquattresima giornata. Apprensione  in vista di un’altra partita alle 12.30 (chissà perché solo il Genoa spesso a mezzogiorno). questa volta contro il Sassuolo. Conteranno gli artigli di un Grifone trippallico in campo.

Digerire la delusione dei tre gol alla Lazio senza risultato deve aiutare l’appetito per domenica prossima.