Torino-Genoa 0-0, pareggio tra una squadra, quella granata, che cerca di guarire alla svelta dai mali del passato e una squadra, quella rossoblu, che prova sempre a fare la partita con quello accumulato e imparato con Ballardini dalla 14° giornata di campionato.

Il gioco per Balla e Didi non si compra, si crea prima di tutto con le idee, il lavoro e l’impegno, poi con giocatori funzionali al progetto tecnico  e professionali, indi se c’è talento meglio: e il Genoa nella gara contro il Torino ha dimostrato di essere più avanti.

Sotto il cuore pulsante del Vecchio Balordo sono stati trovati dalla 14° giornata di campionato in avanti, oltre il gioco, l’organizzazione e le due “C” mancanti (“cuore e corsa”). Contro il Torino è mancata la terza “C”, il “c..o”, viste le azioni e visti i tiri da gol; qualcuno nella partita precedente contro il Napoli aveva messo in campo velatamente cambiando la “C” in  cinico pur pensando all’altra parte del corpo citata prima.

Il Vecchio Balordo è al sesto risultato utile consecutivo e continuerà a farli perché ognuno dei calciatori sul campo è ritornato se stesso. Il Genoa deve molto a Destro e Pandev e gli altri per le 11 reti realizzate, nonché al centrocampo, ma i risultati arrivano perché è molto migliorato in difesa: 5 reti subite in nove gare, una band di catenacciari, per qualcuno, camuffati così bene che l’allenatore non viene ritenuto antico ma un moderno interprete di un “novo” trend.

Questa frase si può raccogliere nella formula difensiva, con due linee compatte 3 e 5 che si incollano e cercano di rubare il pallone. Una volta in possesso, il Genoa sale coi due esterni che allargano il campo facendo spostare l’avversario, ma non ricevendo il pallone permettono  agli altri di sfruttare gli spazi per il passaggio filtrante. L’azione viene chiusa dentro l’area avversaria, chi funge da prima punta non è mai solo, altri  provano a riempire l’area avversaria.

Tutto ciò è mancato contro il Torino, l’assenza di Badelj si è sentita senza nulla togliere alla qualità di Rovella, calciatore con un radioso futuro davanti, le cui caratteristiche e l’interpretazione del ruolo sono stati diversi.

Il Torino ha fatto fatica sulle corsie laterali, meno a centrocampo, anche se ha prodotto poco, neanche una parata difficile per Perin.

Punto di vantaggio per chi sceglie di difendere con il 3-5-2 o 5-3-2 è la posizione del mediano centrale. Nell’assetto tipico di Ballardini, il playmaker parte qualche passo indietro rispetto agli interni di centrocampo, una sorta di triangolo con vertice basso. La sua posizione più arretrata rispetto ai colleghi di centrocampo diventa perfetta per un ruolo di schermatura davanti alla difesa: il play cosi diventa un buttafuori in grado di assorbire i movimenti in fase di possesso degli avversari rilanciando l’azione e non trasformandola in solo contenimento.

Meglio ripetere: Rovella è un predestinato, ma nel primo tempo non ha fatto questo lavoro per la sua esuberanza, la sua voglia di fare e ha messo in crisi la fase difensiva e quella di possesso.

Per Radovanovic nell’unica azione da gol per scippo del pallone da parte di Belotti è stato una caduta non voluta, causata da due linee non compatte. Meno male che Goldaniga con una diagonale portentosa ha fatto un “gol”, salvando la botta del Gallo con un rigore in movimento. Questo movimento perpetuo di Rovella da destra a sinistra ha messo in crisi anche Strootman che cercava di sostituirlo davanti alla difesa non proponendosi nelle ripartenze e Zajc che non ha potuto accompagnare l’azione sulla trequarti e armare Destro o Pandev con degli assist, soli nel deserto della trequarti.

Peccati di gioventù per Rovella: nell’intervallo è stato subito catechizzato e nel secondo ha fatto il play basso, perdendo, peccato, il suo dinamismo dei primi 45’. Si pensava che Ballardini lo avrebbe sostituito, invece Rovella ha finito la gara. E in questo senso Ballardini ha fatto capire a tutti come si costruiscono le squadre oltre il gioco e il gol: le bocciature nel calcio non vengono ripagate dai calciatori, la fiducia sì.

Meno male che Nicola sta organizzando ancora il Torino, se avesse proposto in campo un trequartista nel primo tempo avrebbe messo in difficoltà il Vecchio Balordo. Il tecnico granata ha da lavorare molto, ma ci riuscirà a salvare anche il Toro. Innanzitutto ha bisogno alla svelta di Sanabria, la seconda punta che potrebbe far fare il vero centravanti a Belotti. Nicola nel secondo tempo ha rischiato intorno al 70’ coi cambi immettendo nel cuore del gioco due mezzali (Baselli e Linetty) levando Rincon l’unico mediano a disposizione: la voglia di vincere da parte di Didi è tanta, ha bisogno di punti per provare a ribaltare la squadra non costruita per giocare il 3-5-2 da salvezza.

Ballardini in 50 giorni o poco più sta dimostrando che un buon tecnico può intervenire sul gioco di una squadra, ma gli interpreti sono stati abili e competenti ad interpretare lì per lì la nuova “Vie en rossoblù”.

Lavoro, idee, gioco, organizzazione, motivazione e non rivoluzione dell’ultimo calciomercato invernale sono stati i presupposti per i risultati positivi arrivati in serie.

Un altro cuoricino nel giorno di San Valentino i sostenitori del Grifone potranno vederlo nella classifica. Il punto arrivato contro il Torino è importante non solo per la media inglese, ma perché arrivato con un gioco che può avere possibilità di successo e di crescita  in casa e fuori casa e nessuno nelle prossime diciassette gare dovrà non fare fatica contro il Vecchio Balordo.

Sabato hanno chiesto a Balla se le ambizioni del Genoa possono crescere, la risposta di Ballardini è stata: “la nostra ambizione è quella di fare una bella partita sabato prossimo“.