Sette gare perse su 11 e il vino genoano incomincia a farsi aceto e servirà poco più avanti  cambiare il rubinetto.

Per fare un commento sulle prestazioni del Genoa dopo 11 giornate di campionato non si può più stendere un velo pietoso sui risultati: abbiamo finito le mollette. Anche contro la Juventus l’attendismo di Maran non ha dato frutti.

Ci siamo illusi nei primi 45’ di gioco, anche se la Legge di Murphy aleggiava sul Tempio: “se qualcosa non può andar male, andrà male lo stesso!“. Una vera legge matematica con il gioco attendista del Vecchio Balordo, un gol che poteva arrivare prima o poi su errore  rossoblù, come è accaduto.

Nel primo tempo i giocatori del Genoa sono stati bravi a sostenere un centrocampo con i lati scoperti. Maran non ha messo in campo il 4-4-2 scolastico, due giocatori per zona, sia al centro che ai lati. Sturaro e Lerager esterni di centrocampo hanno lavorato bene orizzontalmente, poco verticalmente. Tutto è riuscito meglio in fase di non possesso che in fase di possesso.

La Juventus non trovava spazio, anche se il Grifone marcava a zona e la zona aveva successo perché era imbastardita bene dai movimenti che suggerivano di marcare a uomo nella zona.

La copertura reciproca di tutta l’ultima linea riusciva. Con la squadra dentro la propria metà campo sotto la linea del pallone con spostamenti laterali o diagonali da parte di tutti gli 11 in campo manteneva l’equilibrio, coprendo gli spazi al possessore di pallone bianconero o coprendo il compagno scivolando in zona pallone.

Era un bel  vedere che dava coraggio, alimentato ancor di più quando c’è stata l’azione di Pellegrini che ha fatto 60/70 metri di campo nelle autostrade bianconere. Peccato che Pjaca, giocatore assente, sia stato anticipato. Un sussulto pronti ad aspettare il bis mai arrivato.

Nel secondo tempo tutto ciò è saltato solamente perché Masiello, che ha giocato bene al centro della difesa, è uscito dai 16 metri dell’area per contrastare McKennie dimenticato: e così Dybala, altro assente per 56 minuti, ha trovato il gol.

Il Genoa ha reagito, ha avuto la forza di pareggiare con Sturaro con qualcosa che si voleva vedere in precedenza: un duetto Pjaca-Pellegrini cross sul secondo palo e Sturaro pronto a fare gol. Una soddisfazione per il matuziano al secondo gol alla ex Signora.

A seguire due rigori, entrambi giusti anche senza VAR, per mancanza di copertura sulla corsia destra, quella di Cuadrado, e per mancanza di quella concentrazione vista nel primo tempo da parte di chi quella corsia doveva occuparla, Pellegrini. Rovella che doveva cantare e portare la croce con l’uscita di Sturaro doveva occuparsi di Cuadrado e la sua diagonale in ritardo ha franato sui piedi dell’anima bianconera. Anche nel terzo gol su rigore c’è lo zampino di Pellegrini, e non solo: anche dei cambi effettuati da mister Maran.

In pochi, quasi nessuno, hanno capito la lettura della partita di Maran e dello staff  attraverso i cambi: fuori Scamacca, non Pjaca assente dalla gara, e dentro Destro; fuori Sturaro per Behrami. Perché? Per mantenere il pareggio?

Dopo il sorpasso juventino, fuori Rovella per il debutto di Caso, che ha fatto vedere un dribbling solamente, la sua specialità. Ancora fuori Radovanovic e dentro Pandev per il 4-2-4 allegorico con Shomurodov subentrato a Pjaca, già visto in altri finali di partita senza un tiro in porta.

Peccato che non si possano più fare domande a fine gara: sarebbe stato bello capire dal tecnico perché la lettura critica nostrana era sbagliata, con la spiegazione dei riscontri immediati suoi e del suo staff coi provvedimenti che dovevano essere tempestivi e appropriati.

La Juventus di Pirlo più che soffocare il Genoa nella prima parte della gara ha soffocato se stessa intasando a frotte l’area del Grifone e riuscendo a controllare non bene il pallone, non il palleggio, e trovare rare occasioni per battere a rete.

La forza dei singoli bianconeri nessuno la può contestare, la fatica di aprire le difese avversarie sì. Quando gli avversari si accorgeranno che il regista bianconero è Cuadrado come ai tempi del Barone Causio nella Juve di Trapattoni, marcandolo ad uomo, la fonte di gioco e di cross bianconera potrebbe scemare. Per adesso in 11 giornate di campionato il “pirlismo” basato sul collettivo si vede a sprazzi durante una gara: la sua fortuna è che in ogni gara si esaltano i  giocatori più forti.

Finita ogni partita il pensiero va a Schöne: lo vediamo in ogni gara passeggiare nervosamente. Quello inflitto a Schöne, che continua anche con responsabilità della società, è un accanimento senza spiegazione, fine a sé stesso. Una storia con protagonista l’ex Direttore Sportivo che mette in pericolo il Genoa. Non si capisce, pur continuando a pagarlo, il gusto di non immetterlo nella lista dei 25. Schöne nell’attuale centrocampo genoano serve adesso, non il 3 gennaio alla quindicesima giornata di campionato.

Arriva il Milan fra una sessantina di ore al Ferraris. a Maran possiamo solo chiedere di sottrarsi alle lusinghe sempre sconsigliabili della fama. Osi impiegare giovani specializzati per i ruoli  mancanti affinché la squadra non risultati squilibrata e monca.