Valon Behrami ha ripercorso su Genoa Channel il primo capitolo con la maglia rossoblu, nella stagione 2003/2004, il legame con mister Davide Nicola e i mesi trascorsi in casa tra marzo e maggio. “Dopo il lockdown c’è tanta voglia di riprendere in mano la propria vita e anche il proprio lavoro” racconta lo svizzero, nato in Kosovo nel 1985. “Siamo contenti che la situazione fuori si sia calmata, un po’ tranquillizzata. Questi due mesi hanno pareggiato le differenze, perché abbiamo fatto tutti la stessa vita cercando di trovare nel limite del possibile qualcosa da fare. Io ho scoperto tantissime passioni nuove, alcuni lavori da fare in casa. Lavori che in altre occasioni avrei lasciato fare ad altri. Ho scoperto un lato di me che in futuro di certo riprenderò: ho scoperto il giardinaggio, come curare le piante o ridipingere una stanza, Una cosa semplice, ma all’inizio non avevo idea di come cominciare. Il rapporto con mia moglie Lara aiuta in momenti bui e difficili che abbiamo passato entrambi nella nostra vita da atleti professionisti. Tante volte ci si trova a parlarne, nell’ambito di una carriera è difficile trovare una persona a cui affidarsi. Sembriamo superuomini ma siamo sensibili come tutti gli altri. Se non hai una corazza forte, le critiche fanno male. Qui sono un argomento abbastanza tabù, le vediamo come una cosa quasi intoccabile”.

Sulla prima esperienza al Genoa e sul suo ritorno, da svincolato e a pochi giorni dall’arrivo di Nicola sulla panchina: 17 anni fa ero un ragazzo che dovevo crescere umanamente, un giocatore alle prime armi. Ora ho alle spalle esperienze e le cose che vedevo enormi ora le vedo gestibili. È gestibile la partita, la vita fuori dal campo. Prima erano cose che dovevo imparare. Della mia prima volta a Genova ricordo la presentazione allo stadio, la mia prima da giocatore professionista: salutavo i tifosi un po’ timidamente e quasi mi venivano le lacrime. Ma erano tempi diversi. Mi ricordo che quando dovevo far le terapie, aspettavo che tutti i più grandi andassero via e solo dopo chiedevo a un fisioterapista di seguirmi. Aspettavo da solo fino a tardi per non farmi vedere dai più esperti. Quella di oggi è per me un’occasione incredibile, arrivata dopo 6 mesi di difficoltà e scelte coraggiose. Dovevo dimostrare che non era ancora finita. È un processo che sento ancora in testa tutti i giorni. Sento ancora di aver la voglia di conquistare la fiducia dei miei compagni e diventare per esperienza un perno su cui affidarsi nei momenti difficili, non solo sul campo ma soprattutto fuori. La chiave della mia carriera? È sempre stata la voglia di mettermi in gioco e provare esperienze difficili. È quel che ho sempre voluto fare, già nei primi anni di carriera la sensazione era quella di non voler restare in un posto solo. Conoscere culture diverse è stata la mia fortuna. Con Nicola ho un rapporto speciale, nella fattispecie abbiamo cominciato a legare quando in una piccola discussione io dissi quel che pensavo e lui pure. Da quella circostanza, entrambi abbiamo capito di essere due persone oneste, sincere e dirette. Nel calcio è una ricchezza trovare uomini del genere. Il mister, al di là di quel che mi dà sul campo, è una persona che mi arricchisce anche personalmente e averlo trovato sul mio percorso la reputo una delle mie più grandi fortune”.