Mike Ryan, capo del Programma di Emergenze Sanitarie dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), nella conferenza stampa odierna tenutasi a Ginevra ha ribadito come una ripresa degli sport professionistici, anche a porte chiuse con i soli atleti all’interno dei campi, “anziché diminuire il rischio lo aumenterebbe”. “Anche a noi manca lo sport, ma rimettere in piedi eventi del genere richiederà una pianificazione molto accurata”: questa la sintesi delle sue dichiarazioni, che riportiamo di seguito.

La domanda a cui ha risposto l’irlandese Ryan, per dovere di cronaca, era in merito ad una presunta video-conferenza con i vertici della UEFA in cui sarebbe stato proposto proprio dall’OMS di sospendere le competizioni europee per tutto il 2020. “Noi forniamo raccomandazioni su come prendere decisioni in merito agli eventi e su cosa vada tenuto in considerazione: le decisioni poi saranno prese da loro e noi le supportiamo. Non sono a conoscenza della riunione con la UEFA, ma che verificheremo con i nostri funzionari europei. La cosa più importante in tema di eventi sportivi è che tutti gli eventi sportivi – specialmente quelli di larga portata – rappresentano di per sé un assembramento. Rimettere in piedi eventi del genere richiederà una pianificazione molto ma molto accurata. Ci sono molti tifosi di calcio anche nell’OMS, anche a noi manca lo sport ma vogliamo che si resti al sicuro, quindi penso che le varie organizzazioni e federazioni, nazionali ed internazionali, dovranno fare attenzione e valutare come adattarsi. Da una parte abbiamo la scienza e le prove evidenti, dall’altra abbiamo la realtà pratica della vita: come adattiamo i dati evidenti con la gestione dei rischi nella nostra società? Il rischio dei governi ora è proprio questo, questa la sfida che affronteranno: se fanno qualcosa si prendono un rischio. E se  questo portasse a una conseguenza? Saranno accusati per la conseguenza e nessuno si ricorderà che la decisione l’hanno presa soppesando rischi e conseguenze. Tutti si ricorderanno solamente del fatto  negativo che è accaduto”.

“Pertanto – prosgue Ryan – Se portiamo un gran numero di persone vicine e qualcosa va storto, le persone ci chiederanno a posteriori perché abbiamo permesso che potesse accadere. Ci direbbero che è colpa nostra se ora c’è un nuovo contagio. Dovremo fare un nuovo contratto sociale per gestire il rischio: di quali rischi siamo pronti a farci carico? Possiamo lavorare insieme per ridurli a un minimo che sia ritenuto da tutti accettabile? Non si raggiungerà mai un punto, un’assoluta prova scientifica per cui sia sicuro portare 10, 20, 30 o 40 persone vicine in uno stesso luogo. Quello che sappiamo è che anche all’interno di un campo, la presenza di persone una vicina all’altra sia un’amplificazione del virus. Prove più evidenti dimostrano che il distanziamento fisico delle persone è molto efficace nel ridurre il rischio del contagio. Se tu lo riduci fino quasi a levarlo, come puoi pensare di non avere rischi? Perché alla base della riduzione del pericolo c’è proprio il distanziamento fra le persone, ma mettendo di nuovo persone vicine a strettissimo contatto, per estensione direi che anziché diminuire il rischio aumenterà. Allo stesso tempo la gente vuole tornare alla vita normale, quindi credo sia un discorso da affrontare con calma ed attenzione. Un discorso che deve essere guidato dalla scienza ma deve avere anche un elemento di praticità. Forse non è stata una risposta precisa come avrei voluto e dovuto, ma deve essere basato sia sull’evidenza dei dati sia sull’adattamento alla realtà della vita”.