Anche il presidente della FIGC Gabriele Gravina ha commentato la proroga della sospensione agli allenamenti fino al 4 maggio prevista dal nuovo dpcm annunciato a reti unificate dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Da quella data, presumibilmente e come già spiegato poche ore fa dal ministro dello sport Vincenzo Spadafora, il calcio italiano potrà riprendere in maniera graduale e in piena sicurezza sanitaria.

Gravina si affida al Messaggero nella sua versione online per rispondere anche al numero uno del CONI Giovanni Malagò, che in un’intervista a RadioRadio non ha nascosto come la volontà del calcio italiano sia di ripartire sebbene le restanti federazioni sportive del paese stiano piano piano allineandosi verso una cancellazione della stagione. “Il calcio invece vuole ripartire: è un dato di fatto sotto gli occhi di tutto, sarebbe ridicolo e ipocrita negarlo” ammette Malagò. “Non entro nel merito delle scelte che hanno adottato le altre discipline, ma il calcio ha una sua specificità per dimensione, partecipazione e per impatto economico” la risposta di Gravina. “Le conseguenze di un’anticipata chiusura dell’attività sono sotto gli occhi di tutti: provocherebbero un notevole danno sociale, prima ancora che economico, perché rischieremmo la paralisi a causa dei ricorsi di chi si dovesse sentire leso dei propri diritti. Vogliamo concludere quello che abbiamo iniziato nel rispetto della salute di tutti i protagonisti, per questo siamo a lavoro col Governo e con la nostra Commissione Medica per stilare tutti protocolli necessari affinché lo si faccia in piena sicurezza. Il ministro Spadafora conosce il nostro pensiero: l’idea è di concludere le competizioni in linea con le indicazioni degli organismi internazionali calcistici, ma c’è un bene primario da difendere che è la tutela della salute. Abbiamo chiesto di attuare in tempi rapidi l’avvio delle procedure sanitarie, non appena sarà definito il protocollo, per trovarci pronti per riprendere gli allenamenti in gruppo alla fine del lockdown”. 

“Le conseguenze di un’anticipata chiusura dell’attività sono sotto gli occhi di tutti: provocherebbero un notevole danno sociale, prima ancora che economico,


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