Fabio Della Monica, cuore rossoblu, è uno di quei profili che lontano dai riflettori ha lavorato per oltre 15 anni a favore della causa del Genoa. Massofisioterapista passato dalla Gradinata al campo, ha lasciato al termine dell’ultima stagione il Grifone per lavorare. Nel 2002 entrò a far parte dello staff sanitario del Genoa Calcio, prima nella squadra primavera, e nel 2004 passò con la prima squadra vivendo più di un momento emozionante da bordo campo. In occasione dell’evento “Gavilonga”, nei locali della palestra VivaFitness presso cui lavora in sinergia con altri professionisti del settore, si è raccontato ai nostri microfoni.

“Il primo giorno di luglio, abituato a preparare la roba per il ritiro, un po’ di mancanza l’ho sentita. Anche mia figlia mi ha detto: “papà, da quando sono nata, è la prima estate che sei a casa”. Quel lavoro a me piace, il lavoro di campo ed il contatto con lo stadio. Fin da piccolo andavo in Gradinata e passare da lì al campo per me è stata una cosa particolare. Ricordo le trasferte a Liverpool piuttosto che la mia prima partita in casa, un Genoa-Juventus con gol di “Dustin” Antonelli. E dopo anni ebbi in squadra, in infermeria, il figlio di Antonelli (Luca, ndr).  

Devo dire che la strada che ho scelto la cercavo da un po’ e dopo 15 anni forse era giusto intraprendere qualcosa di diverso. Non rinnego assolutamente nulla di quanto fatto, dal primo giorno. Fin dal primo giorno quando a Multedo feci un colloquio con l’allora responsabile del settore giovanile, Lorini, che era il secondo di De Canio. Mi propose di fare il massaggiatore per gli Allievi del Genoa. E fare il massaggiatore credo che per me fosse una delle cose più ambite.

Amici comuni mi hanno messo in contatto con Andrea Bisio ed Egle Saia, che hanno aperto questa struttura di fitness, una palestra a cui volevano unire una zona dove vi fossero una dietista, un osteopata, un centro estetico ed anche una fisioterapia. Mi hanno messo nelle condizioni di poter e dover accettare per forza. Pian piano ho cominciato a farmi conoscere nel paese: ma non c’è voluto tanto perché i miei nonni erano di qua. Qui a Gavi ci sono tanti Genoani. Aprendo questo studio ho cominciato a fare i primi massaggi. Collaboro direttamente con la Gavese, appena promossa in promozione, e anche il Carrosio Calcio che mi ha subito ingaggiato appena ha saputo che ero libero.

Ricordo l’anno della Primavera. C’era il convitto ancora in Val Varenna e c’era questa colonia di napoletani: Criscito, Aurelio, Lapadula. Ero il loro massaggiatore ma anche il loro fratello maggiore. Loro mi chiamavano “Gennarino” perché all’epoca avevo ancora i capelli lunghi (e il Genoa un po’ me li ha fatti perdere forse). Per loro ero “Gennarino Gattuso”. E lo sono ancora adesso, perché quando sono andato a salutare la squadra su a Bardonecchia, Mimmo mi ha salutato ancora come “Gennarino”.

“L’emozione di Liverpool vissuta dal campo? In quell’occasione ero a bordo campo, ma ancora non ero all’interno dello staff del Genoa. Per me andare a Liverpool, in quel periodo, era particolare: lavoravo in una ditta i cui titolari erano tutti sampdoriani. Non potevo quindi prendere giorni di permesso dicendo che sarei andato a vedere il Genoa a Liverpool. Tornai senza voce dopo tre giorni e loro probabilmente si immaginarono che ci fosse questa particolarità. Degli ultimi anni genoani è stata una delle emozioni più grandi”.

Se devo ricordare le persone con cui ho collaborato in questi anni, mi sento in dovere di dover ringraziare chi mi ha accolto al Genoa, il dottor Casaleggio, e poi il Dottor Gatto a cui raccontavo di vederlo più di mia moglie ormai. Siamo stati bravi. Il lavoro del fisioterapista deve essere un po’ “presuntuoso” e nelle operazioni come quelle di Thiago Motta o Perotti ho avuto collaboratori come Valerio Caroli, Michel Trinchero o Saverio Quercia che sono stati collaboratori di una professionalità altissima, dai quali ho imparato tantissimo. 

Pilati e Barbero? Di sicuro non sono io a dover dire quali sono le loro qualità a livello non nazionale, ma internazionale. Abbiamo avuto una componente importante, quella dell’umiltà. Arrivano dei campionai da noi al Genoa? E noi con l’umiltà, unendo le nostre forze, li riportiamo nel calcio che conta. E devo dire che, in effetti, se andiamo a vedere cosa hanno fatto Perotti e Thiago Motta (Perin alla Juventus), vuol dire che abbiamo lavorato bene.

Se è vero che i massaggiatori sono i confessori dei giocatori? Inevitabile che con loro si instauri un rapporto di intimità. Con alcuni di più, con altri di meno. Perin, ad esempio, l’ho accolto che aveva 15 anni. Quando se ne è andato, gli ho detto che l’avevo accolto bambino e lo lasciavo andare da padre. Un aneddoto particolare su Perin: dopo il suo primo infortunio alla spalla, avremmo avuto giorno di riposo. Lui piuttosto che fare niente venne qui a Gavi, a casa, e si fermò qui tre giorni. Sicuramente ci sono giocatori coi quali si entra più in confidenza, anche se certe cose rimangono un po’ nascoste. Loro possono affidarsi a noi, ma la carta vincente resta quella di dare consigli senza mai entrare nel loro spazio. Sono conduzioni di vita differenti ed è difficile entrare nel loro spazio. 

In questo quindici anni di Genoa, la cosa che più mi ha colpito è stata la prima partita a bordo campo. Era Genoa-Lumezzane di Coppa Italia. Sino alla settimana prima andavo in gradinata, mi mangiavo le unghie e tenevo la pallina anti stress. La prima partita avevo la pallina anti stress anche in panchina. 

Un’altro momento che mi ha emozionato l’esordio in Europa League. L’ho vissuta direttamente, al di là che fosse Genoa-Odense. Potrei citare mille altre cose, tra cui il fatto di aver fatto massaggi a giocatori come Crespo oppure Milito, che mi chiamava “Pelato”. E che ha continuato a farlo anche mentre era all’Inter”.


L’intervista ai preparatori Pilati e Barbero, benzina e additivo del Genoa – VIDEO