Il 3-5-2 è un modulo di grido in Serie A? Tutti gli allenatori nel campionato di serie A e non, attraverso i numeri dei moduli, cercano l’equilibrio del sistema di gioco che vogliono sviluppare.

Al di là dei numeri, operando su tre reparti, tutti i moduli devono assegnare a ciascun calciatore una zona di campo ottimale. Il sistema di gioco rappresenta e spiega la dislocazione di base attraverso i compiti e le funzioni dei giocatori sul terreno di gioco. Tutto funziona quando si realizza per posizioni e movimenti preferenziali dei giocatori nelle due fasi di gioco.

Esistono sulla carta numericamente diversi e svariati sistemi di gioco. Guardandoli dal campo o in Tv tutti hanno una prerogativa: giocare con più calciatori davanti o dietro la linea del pallone rispetto all’avversario.

Il 3-5-2 è più difficile da rilevare rispetto al 5-3-2. Quest’ultimo per mezzo dei numeri determinerà le funzioni della fase difensiva. Il modulo cambia secondo gli esterni a disposizione con atteggiamenti più difensivi o offensivi. I movimenti dei due esterni in avanzamento o arretramento determineranno l’atteggiamento del sistema nelle due fasi di gioco.

Ai giocatori di fascia è investito il compito tanto gravoso quanto decisivo del 3-5-2 o 5-3-2: quello di occuparsi della corsia laterale senza supporti. Un ruolo logorante e tante volte non apprezzato. Se occorrono maratoneti di fascia, dietro dovranno esserci corazzieri al centro della difesa. L’altra qualità fisica determinante nel 3-5-2 è la stazza dei difensori, specie del centrale. In quel ruolo serve un profilo muscolare, abile sui palloni alti, resistente  nei tackle, tatticamente saggio e di personalità e pronto a guidare il reparto. In una difesa a tre centrali, oltre alla fisicità, bisogna poi essere bravi nell’anticipo oltre che nello stacco aereo.

La fase difensiva del 3-5-2 è una sorta di imbuto: più gli avversari pressano, più i tre centrali devono stringersi per chiudere gli spazi. Contemporaneamente, gli esterni si abbassano per mettere in atto movimenti a scalare e diagonali. In tutto questo movimento o strategia sarà determinante l’apporto difensivo degli interni di centrocampo che si allargano per dare copertura agli esterni e per non subire le sovrapposizioni avversarie,  senza ovviamente dimenticarsi degli avversari di centrocampo da marcare.

Altro punto di vantaggio per chi sceglie la difesa a tre è la posizione del mediano centrale, il play maker che parte qualche passo indietro rispetto agli altri due centrocampisti formando un triangolo con vertice basso. Ruolo importante per schermare la difesa, diventando il mediano centrale un buttafuori in grado di assorbire i movimenti tra le linee degli avversari. Se il vertice è alto, il modulo diventa un 3-4-1-2 che mirerà a non fare solo una partita di contenimento rinunciando alle ripartenze e azzerando, o quasi, l’appoggio ai due attaccanti. Tutto riesce quando si impone il proprio gioco e non si subisce solamente quello degli avversari: il 3-5-2 infatti non è un modulo eccessivamente difensivista e non toglie né qualità né efficacia al gioco.

Il 3-5-2 è di moda perché con questa strategia si ottiene superiorità numerica nella zona difensiva e c’è l’ampiezza garantita coi cinque di centrocampo che devono avere la posizione naturale nel cambio gioco. Con i centrali pronti ad iniziare l’azione dal basso e gli esterni in salita si alza il baricentro della squadra.

Tutte le ciambelle riescono quasi con il buco nel calcio quando le caratteristiche individuali dei calciatori sono alla base del progetto tattico del tecnico. Tutto quello scritto e gli altri moduli che vengono presentati staticamente sui fogli di giornali e all’inizio gara dimostrano che si può fare calcio in tante maniere e modalità e che per tutte le strategie vale il principio generale dell’equilibrio di squadra da cui deve scaturire il gioco. Raggiunti gli equilibri con funzionalità e efficacia conteranno poco i moduli.

Tutto cambia, in particolare in Europa, dove la difesa a tre non piace. Questo perché i tecnici hanno a diposizione giocatori in grado di fare la differenza nell’uno contro uno, specialmente nel cuore del gioco.


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