Viene difficile tornare a parlare di calcio dopo la tragedia del Ponte Morandi che ha toccato nel profondo ogni genovese e, marginalmente, ogni italiano. Viene difficile perché oggi parleremo di cifre: di numeri che crescono nel mondo del commercio del pallone, investimenti su prodotti calcistici e sportivi ma anche su sponsor e marketing.

In particolare, oggi parleremo dei numeri dell’attuale calciomercato italiano che volge alla chiusura. Non servirà attendere ancora un giorno e mezzo, quello che ci divide dal gong finale fissato alle ore 20 di domani (17 agosto, ndr) per capire che si è trattato del calciomercato più oneroso di sempre. Almeno nell’era dell’euro.

Secondo le fonti numeriche di Transfermarkt, il valore delle cessioni si aggira intorno ai 780 milioni di euro. Il valore degli acquisti, invece, ha ampiamente sfondato quota un miliardo e 60 milioni. Record assoluto.

Il calcio italiano non aveva mai speso tanti denari per accaparrarsi giocatori e superando il miliardo di euro segna il quinto anno in crescendo: dalla stagione 2014/15, la Serie A è infatti passata da 441 milioni di investimenti ad una somma quasi triplicata.

Che siano la scia degli introiti dai diritti televisivi o le buone passeggiate Champions di Juventus e Roma, non è da escludere. Senz’altro il quadro fotografa uno spaccato tranciante del calcio italiano: oltre la metà del potere d’acquisto della Serie A, all’incirca 626 milioni di euro, è concentrato nelle mani dei cinque top club del nostro campionato: Juventus, Inter, Milan, Roma e Napoli. I bianconeri, complice l’operazione Cristiano Ronaldo, arrivano ad avere il saldo più negativo della Serie A (-157,4 milioni) e investono per oltre 250 milioni, ammortizzando con cento milioni derivanti da cessioni. Vicinissime ad azzerare il saldo fra entrate e uscite sono Roma ed Inter, le due squadre italiane su cui l’occhio dei fair play incombe maggiormente. In positivo il Napoli, allo sprint finale il Milan della nuova dirigenza.

Producono un saldo in attivo, oltre al già citato Napoli, anche Bologna, Sampdoria e Sassuolo. In equilibrio assoluto l’Inter dopo una lunga, onerosa e sbandierata vendita dei giovani prodotti della Primavera, vincitrice negli ultimi due anni di campionato e Coppa Italia Primavera. Da segnalare l’operato del Frosinone: i ciociari neopromossi hanno praticamente rinnovato la squadra – e sarà il campo a dire se l’avranno rinnovata abbastanza per mantenere la categoria – ma sono la squadra ad aver speso meno (4,8 milioni) e, analogamente, ad aver incassato meno assieme al Parma. Chi ha incassato di più dalle cessioni è stata la Roma, che ha lasciato partire pezzi da novanta come Nainggolan e Alisson.

LE NEOPROMOSSE – Inutile tracciare un parallelo con altri campionato: se in Inghilterra le tre neopromosse Wolverhampton, Fulham e Cardiff City hanno speso oltre duecento milioni di euro, in Italia non è così. Fioccano i prestiti, secchi o con diritto di riscatto, e soprattutto le spese si aggirano poco al di sopra dei trenta milioni di euro. Tanto per fare le debite proporzioni, si dica che il Cardiff City spende da solo quanto hanno speso complessivamente le tre cenerentole italiane. All’incirca tre milioni in più rispetto all’anno precedente, quando solo il Benevento provò a ridimensionarsi ma nel mese di gennaio.

LE DUE GENOVESI – Percorso morigerato, alla ricerca del necessario per dare equilibrio e giusti profili ai tecnici Ballardini e Giampaolo. Il mercato rossoblucerchiato ha mosso all’incirca 67 milioni di euro d’investimenti registrando un incremento di quasi quattro milioni rispetto alla passata stagione. Soffermandosi sui dati forniti da Transfermarkt, la Sampdoria investe quasi dieci milioni in più, il Genoa più del doppio. I rossoblu con un saldo negativo contenuto al di sotto dei 6 milioni, ulteriormente in decremento se verranno confermate le cifre dell’operazione Laxalt-Milan; la Sampdoria con un utile di quasi venti.


La prossima Serie A sarà un pienone italiano