Rimane una bestia nera da oltre trent’anni l’Argentina per l’Italia, oggi un paziente in degenza che attende di essere dimesso. Ma per firmare una liberatoria all’ospedale questa formazione dovrà vedere prima andarsene i fantasmi di Solna e di San Siro, portatori del pesante fardello dell’esclusione dal Mondiale.

Ieri sera, all’Etihad Stadium, gli Azzurri sono andati in campo con una formazione che qualche precedente recente lo scomodava: solamente Verratti a rimpolpare un centrocampo che per due terzi rispecchiava quello dello 0-0 contro la Svezia nella gara di ritorno. Florenzi arretrato come quarto di difesa a destra, con De Sciglio a sinistra (Criscito?) e la coppia Bonucci-Rugani a comporre il binomio di centrali. Cambiava anche l’attacco, dove ci si aspettava al momento delle convocazioni qualche brivido in più, In realtà i Balotelli, gli Zaza, i Gabbiadini schierati titolari nel ritorno dello spareggio mondiale non si sono visti. Si è tornati al tridente in un 4-3-3 con Insigne e Chiesa a supporto di Immobile, che in Nazionale è l’emblema di ciò che non è in campionato, dove insieme ad Icardi è l’unico centravanti a sfiorare la media di un gol a partita.

In Nazionale, però, resta a secco da tre gare consecutive e si fa cartina al tornasole dell’attuale status azzurro: tre gare consecutive senza gol, almeno un gol subìto a partita. Il tutto gettato in un contesto di numeri che richiamano gelosamente la storia azzurra: l’Italia, su 802 gare ufficiali, ha segnato 1388 reti e viaggia ad una media di 1,7 reti a partita. Dalla gara con l’Inghilterra occorrerà tentare di cambiare registro.

LA PARTITA CON L’ARGENTINA – Jorge Sampaoli, allenatore della nazionale argentina con un destino da buttafuori e un presente da tecnico di impatto e senza peli sulla lingua, aveva già fatto sapere mesi fa di “temere” l’amichevole con un’Italia frustrata dall’eliminazione mondiale. Temeva un ring che non c’è stato, ma non è bastato per farlo desistere dal tenere fuori i pezzi pregiati della sua comitiva, da Messi ad Aguero passando per Mascherano. Non è bastato perché sapeva, in cuor suo, di poter approfittare di un’Italia in degenza per togliersi qualche dubbio gettando nella mischia anche qualche profilo all’esordio in nazionale, come Fabricio Bustos terzino destro classe ’96 dell’Independiente o Nicolàs Tagliafico, esterno difensivo dell’Ajax, alla sua seconda comparsa in albiceleste. Ma neppure Lanzini (West Ham) o Lo Celso (PSG), altro calesse 1996, avevano un pedigree nazionale che superasse le tre comparse. Ad ogni modo, nove presenze in quattro, hanno calcato il terreno di gioco dell’Etihad da titolari.

L’Italia definita “sbarazzina” dal commissario tecnico Di Biagio rispondeva a modo suo riproponendo un mix di volti noti e novità: più i primi che i secondi, a dire il vero. Si dica che nella mischia finiva il calciatore più giovane della gara all’esordio in Nazionale, quel Federico Chiesa che tanto bene ha fatto con la Fiorentina. L’Italia col suo 4-3-3 e i guantoni di Buffon su Higuain reggeva l’urto dell’Argentina per un’ora e un quarto, con un inizio di secondo tempo all’attacco che avrebbe prefigurato il rigore in movimento sciupato da Insigne: poi sarebbe capitolata sotto i colpi di Banega e Lanzini. Con Buffon non del tutto incolpevole sulla prima rete, nata da un errore di Jorginho in uscita palla al piede e da una buona combinazione di gioco degli argentini per mandare al tiro l’ex Inter.

Serata di test in salsa agrodolce: non incideranno né Chiesa né Cutrone, anch’egli all’esordio in azzurro, e mancheranno gli spunti decisivi per trovare il gol con troppi errori negli ultimi metri e sotto porta. E, soprattutto, l’Italia si tradirà nel ripartire da dietro come voleva il suo allenatore subendo la prima rete proprio su una gestione insufficiente del pallone. Le note positive? Se ce ne sono le si trovano a sprazzi nella manovra di un centrocampo che ritrovava Verratti e nel rivedere poco a poco – ma servirà ben più coraggio! – uno spirito ad osare, a gettare nella mischia qualche profilo inedito e giovane.

Con l’Inghilterra sarà un altro test di peso, fra nazionali che se la passano diversamente – l’una andrà al Mondiale, l’altra no – ma che negli ultimi 10/12 anni non possono dire di essersela passata bene in materia di risultati: ci si attendono altri test, altre prove, magari non solo fuori dall’area di rigore ma pure fra i pali. Di recente una difesa quasi totalmente di marca britannica l’ha scardinata, in partita di ben altro sapore e peso, una coppia d’attacco argentina che veste bianconero: assonanze che potrebbero rilanciare l’Italia verso il gol e verso un’identità diversa? Chissà. Quel che si percepisce è che per un rilancio deciso serviranno ancora molto tempo e idee chiare. Non solo sul campo di gioco.