Genoa Torino 2 a 1: pesto alla genoana per Lombardo in panchina e Mihajlovic nella cabina di Sky a sudare. Matato il Toro da Juric, dai calciatori e da tutto il Tempio. Genoa salvo e pronto a disputare l’undicesimo anno consecutivo in Serie A. Funerali rimandati non solo fuori, da parte degli avversari, ma anche dentro il Tempio dove gli invitati con prezzo ridotto hanno finito per intenerirsi anche di se stessi davanti allo spettacolo non solo della Nord.

Notiziario: venti gradi la temperatura, terreno in buone condizioni. Il settore quasi più vuoto era la Tribuna d’onore, senza Preziosi. Della famiglia presente solo la moglie di Fabrizio con prole nonché Zarbano, Donatelli e Salucci quasi in lacrime a fine gara. Spettatori paganti 8.065 per un incasso di 54.639 euro più gli abbonati; coi biglietti degli sponsor e portoghesi, era insomma un Ferraris da 30mila spettatori, compresi i 670 tifosi del Torino nella gabbia sud. Striscioni dei club dritti e non rovesciati, mentre nella Nord oltre lo striscione con le parole di Scoglio: “Noi siamo il Genoa e chi non è convinto posi la borsa e le scarpe“, un benvenuto da parte del GAV a Diego e Sofia.

Entrando dentro il Tempio la paura viaggiava intorno ad ogni tornello. Timore di levare la ragnatela sul soffitto per paura che cada. Non solo impauriti, ma anche pessimisti si sono visti con la maglia rossoblu che si creavano malinconie, chimere e vedevano tutto nero facendo delle carceri in aria. Neanche i risultati del sabato avevano tirato su il morale e avevano fatto pensare che la Juventus avrebbe fatto non la Signora ma la signorina di brutti costumi (baga..ia in genovese). Grande soddisfazione poi nel vedere non solo tante maglie rossoblu, ma anche tanti cimeli con nomi di calciatori che non avevano fatto proprio la storia del Vecchio Balordo.

Un “Ferraris” incandescente, mai arrendevole e sempre sul pezzo. Ieri lo si è rivisto, un po’ come successe contro l’Inter, e c’è da rammaricarsi sul perché la carica esplosiva non sia stata così costante per tutto l’anno. Il Genoa avrebbe ricevuto una grandissima mano per fare un po’ meglio di quanto non abbia fatto.

Restando in materia di tifo, gemellaggio tra le tifoserie sempre pimpante sugli spalti e prima della partita, un po’ meno sul campo dove durante il riscaldamento calciatori, tecnici e dirigenti granata hanno fatto “girotondo” tutti abbracciati per lunghi minuti come se si giocassero la Champions o il derby con la Juventus. Nessuno potrà dire che si sono “scansati” considerato che a fine gara sono stati chiusi dentro lo spogliatoio per un’ora e mezza e probabilmente sono andati subito in ritiro.

La partita Juric l’ha impostata come l’avevamo vista negli allenamenti settimanali: giocare sì nella metà campo del Toro, ma non lasciare l’altra metà a Belotti e compagnia. La bravura dei calciatori del Pirata è stata di permettere la buona riuscita del pressing che è dipeso dai movimenti dei singoli calciatori: infatti si è giocato mantenendo corte le distanze tra i reparti senza però lasciare scoperti spazi di gioco tra i singoli ruoli. Dove non si arrivava con la tecnica c’era la tattica di Juric.

Non era il  Genoa di qualche gara fa con le piccole e le medie dove talvolta sembrava giocare senza centrocampo. Contro il Toro è stata la superiorità tecnica unita alla condizione fisica a fare la differenza. Efficaci il marcamento degli avversari e la ricerca del controllo del gioco dal primo minuto cercando il vantaggio territoriale più che il possesso pallone.

Tutto ciò è successo nel primo tempo malgrado la paura di sbagliare fosse dietro ogni giocata. Più che un” hombre” d’orchestra, come dicono i sudamericani, c’è stato il trio Veloso, Cofie, Rigoni a dettare la legge del più forte con le buone e le cattive nel cuore del gioco. Rigoni ammonito dopo tre minuti ha tolto dal campo Baselli, Veloso mai visto così cattivo (4 falli pesanti, duri ma non violenti) e una discussione faccia a faccia con Belotti per fare capire l’aria che tirava non solo sugli spalti ma anche sul prato verde. Genoa tosto, cattivo, compatto, rapido negli scambi, fluido nell’azione: questa la medicina che Juric predica durante gli allenamenti.

Genoa all’intervallo in vantaggio ma tutti ripetevano, memori della gara con il Chievo, “parliamone alla fine”. Invece nessuna pausa del Vecchio Balordo che premiato dal gol di Rigoni su punizione di Veloso (schema preparato in settimana, ndr) prendeva fiducia nei propri mezzi facendo uscire la qualità e continuando a suonare da orchestra e pedalare a testa bassa, senza svolazzi o errori, cercando duttilità nei movimenti senza pallone e utilità del gioco attraverso intelligenza tattica da parte di tutti coloro che sono scesi in campo e subentrati.

Le pagelle? Un buon 7 a tutti, ma un voto in più a Veloso e Cofie. Due buone uscite di Lamanna, incoraggiato subito dalla Nord durante il riscaldamento. Tornato al gol Simeone anche con una caviglia gonfia e infiltrata. Anche per la sestina arbitrale giudizio positivo: Guida gestisce bene la gara, fallosa ma non violenta, e lascia spesso giocare non facendo quasi mai scelte discutibili. Direzione di gara adeguata per un match chiave e decisivo come Genoa-Torino di ieri.

Una sola considerazione su Ntcham, che posseduto dalla Musa del quarto d’ora finale ha fatto giocate, ridicolizzando non solo gli avversari ma anche qualsiasi considerazione tattica ricordandoci che il calcio è tattica, ma soprattutto vena ed estro dei calciatori.

Bravo Juric ad aver smantellato il 4-2-3-1 sbarazzino di Mihajlovic. Il serbo non ha capito – e non da oggi – che la posizione di Ljajic è deleteria al gioco del Torino non essendo in grado di seguire ad uomo il play avversario. Ieri Veloso, domenica scorsa Jorginho del Napoli. La chiave di Genoa-Torino potrebbe essere stata questa perché Veloso aveva una costruzione di gioco agevole mentre Ljajic, oltre perdere il portoghese, si ritrovava a fare i conti con Cofie, frangiflutti davanti alla difesa di Burdisso.

Adesso solo qualche giorno di soddisfazione per la salvezza raggiunta, dopodiché sotto con le “bufale” e  con i cani Gunther, le partite a cirulla e le campagne elettorali sui prossimi acquirenti del Genoa. Solo una domanda resta senza risposta – e sarà difficile rispondervi: come ha fatto il Genoa a vincere con Milan, Juventus, Fiorentina, Inter, Torino e pareggiare con altre sorelle della parte sinistra della classifica e poi perdere 20 gare, di cui 2 con il Palermo?