Altra giornata di VARicocele e siamo solamente alla quarta di campionato. Sul rigore che ha concesso al Bologna di godere è inutile ripetersi.

Per parlare di VAR bisogna riprendere il passaggio di Sebastiano Vernazza sull’editoriale di domenica scorsa sulla Gazzetta dello Sport: “sono tornati i rigori televisivi come confermano i penalty concessi al Verona e al Bologna, per bracciate abbastanza occasionali. Avevamo inteso che certi rigori non sarebbero stati più fischiati e avevamo capito male. Sarebbe meglio punire qualsiasi contatto mani e braccia a prescindere da distanze e altezza, volumetrie, palloni inaspettati e amenità varie, con l’eccezione ovviamente dell’attaccante che mira al braccio o alla mano del difensore. Forse è la sola uniformità possibile“.

E noi aggiungiamo: i VMO, i “varisti” di professione, sono diventati venti e sono aumentati di qualche unità rispetto al passato, ma ogni domenica subentrano anche arbitri in attività.

Meglio darsi una organizzazione più precisa, non inviare arbitri usciti dalla porta per motivi tecnici e non per età o dimissioni volontarie a ricoprire il ruolo di VAR e affiancare loro  direttori di gara internazionali come AVAR. Saranno loro a decidere. Per i nuovi arbitri a disposizione, per farli crescere. è meglio accompagnarli nelle prime gare con VAR di esperienza.

Qualcuno afferma che bisognerebbe mettere calciatori o allenatori a riposo a fare il VAR conoscendo le dinamiche di gioco. Non cambierebbe nulla perché al primo errore si farebbero le pulci alla loro carriera di giocatori e allenatore guardando solo a dove hanno militato.

Il VAR può intervenire in caso di gol, rigori, espulsioni, dirette e scambi di persona. L’arbitro dovrebbe avere l’ultima parola, ma non è più successo dopo l’episodio di Maresca ad inizio VAR.

Una partita di calcio con gli errori del VAR non assicura più equilibrio tra calcio e tecnologia e bisogna subito limitare simili incidenti che influiscono sul risultato delle partite.  


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