Anche le buone orchestre, dopo cinque giornate di campionato, possono steccare. È successo al Genoa di Vieira contro una signora Lazio, ben disposta in campo da Sarri, che non ha mai patito il Genoa nei quasi 100’ di gioco.

Una pajata, specialità culinaria romana, al pesto, cucinata con l’intestino dei 30.000 genoani presenti nel Tempio e non digerita, anche da quelli davanti alle TV o con la radio all’orecchio.

Iniziata male la gara: un cartellino giallo a Vasquez dopo un minuto, primo gol al terzo minuto e 47 secondi. Potrebbe aver influenzato la partita, ma visto il prosieguo anche Vieira, dalla tribuna stampa, ha dovuto affermare che è stata la più brutta prestazione da quando è allenatore.

Il Genoa contro la Lazio ha dimostrato che avere una squadra di qualità, ma disorganizzata non serve. Il Genoa contro la Lazio non è riuscito a essere un blocco, con dieci giocatori in posizione attiva, col pallone in gioco o senza, non è riuscito a essere una squadra corta per facilitare, in fase difensiva, la collaborazione tra i giocatori con pressing e raddoppi: caratteristiche che avevano permesso alla squadra di Vieira di togliersi tante soddisfazioni nello scorso campionato e di ottenere buone prestazioni nelle altre 4 gare di questa stagione.

A turno hanno sbagliato le cose più elementari quasi tutti i giocatori rossoblù, dalla difesa all’attacco: mai una ripartenza, solo palloni giocati all’indietro. Nei momenti di pressing in profondità, quando è riuscito, hanno creato nel primo tempo due palloni-gol che bisognava realizzare con Ellertsson e Colombo davanti al portiere avversario: con un gol la partita poteva cambiare, con due si poteva andare in vantaggio.

Difficile spiegare perché tutto ciò sia successo dopo le buone prove precedenti contro Juventus, Como e Bologna. Non possono esserci fattori fisici, ma psicologici: il cartellino al primo minuto e il gol incassato al terzo o l’ansia del risultato a tutti i costi potrebbero aver giocato un brutto scherzo ai giocatori con la maglia blu e i pantaloni rossi? Difficile crederci.

Parlando a posteriori, è sempre facile. Difficile capire quel possesso prolungato nella propria metà campo di Vasquez e degli altri difensori; difficile capire perché gli esterni dietro alla prima punta abbiano lasciato i quattro difensori in braghe di tela, dovendo marcare i 4 attaccanti laziali a uomo, senza sovrapposizioni.

La differenza tra Genoa e Lazio potrebbe essere questa: la difesa genoana ha preso le prime due reti su azioni di rimessa, mal piazzata, e Norton-Cuffy e Martin non brillano se non protetti. L’altra differenza è che il Genoa non ha mai cercato la profondità e non ha capito che, quando l’ha fatta, ha messo alla berlina la strutturata difesa biancoceleste, con Romagnoli libero, portando due calciatori davanti al portiere.

Dopo 7 partite ufficiali, comprese quelle di Coppa Italia, è appurato che al Genoa manca la prima punta. Fare la prima punta nel Genoa non è un piacere per tutti i centravanti: devono giocare e finalizzare i pochi palloni prodotti dalla squadra, e per farlo bisogna avere le caratteristiche giuste.

Una chicca per Vitinha: giocando nel suo ruolo da seconda punta o esterno d’attacco, ha fatto vedere giocate e il tiro più pericoloso da fuori area, rispetto ad altre volte in cui ha fatto più il terzino che l’attaccante, con Martin libero di attaccare.

Oltre alla punta, davanti alla difesa rossoblù serve qualcuno che sappia rompere e cucire le azioni. Contro la Lazio l’assenza si è sentita, se Ruslan o Stanciu non troveranno al più presto la giusta posizione. Tocca al centrocampo ripristinare la luce nel palazzo rossoblù o ritornare in fretta al pressing ultra offensivo e all’intensità con tutti coloro che scenderanno in campo.

Vieira e il suo staff non hanno tenuto conto del secondo tempo contro l’Empoli, dove i subentrati avevano dato la scossa, come successo anche sotto di tre gol con la Lazio. Venturino merita una chance dal primo minuto, come Ekuban: anche se poi, per salvaguardare i muscoli, andrebbe sostituito. Operazione che potrebbe fare bene anche a Colombo subentrando. Oppure giocarsi la carta Ehkator, se vogliono continuare il progetto iniziato a Moena, o cambiare strategia tattica.

Sulla maglia del Genoa c’era un nuovo sponsor: complimenti al marketing, Rolling Stone, la rivista musicale leader nel mondo. Uscendo dallo stadio si poteva cantare una strofa dei Rolling Stones: “I can’t get no satisfaction”, non avendo avuto soddisfazione dal risultato, dalla tattica, dalla prestazione.

Importante che la critica, giusta, non si trasformi in Tribunale – o meglio, diceva il Dottore della Commedia dell’Arte – in un “terribile orinal”.

Sicuro che simile lezione, come la partita con la Lazio, conti qualcosa per Vieira e il suo staff, che la metteranno a frutto per non temere il peggio già domenica al Maradona. Non sarebbe né onesto né ammissibile, dopo il lavoro fatto dal loro arrivo.


Genoa-Lazio | Vieira: “Partita sbagliata, dobbiamo lavorare e continuare a migliorare”