Scartabellando gli appunti del 2014 del vecchio blog Buoncalcioatutti, diventato testata giornalistica nel 2016, ho trovato un articolo che diceva: “Ai confini della realtà. Giocatori a prova di infortuni, tessuti che si riparano da soli, il calcio è nel terzo millennio”.
“Il DNA ci dirà come azzerarli. Obiettivo: capire, attraverso lo studio del DNA, quali sono le caratteristiche genetiche degli atleti che hanno maggiori ricadute su problemi fisici e scoprire predisposizioni a lesioni muscolari.”
Tutto questo, dopo 11 anni e osservando i numerosi infortuni avvenuti negli ultimi due campionati di Serie A in tutte le squadre, non ha portato dati specifici. Solamente i siti delle squadre possono certificare queste informazioni. Non è successo nulla di rilevante, e lo studio portato avanti dall’americana Temple University ha fatto flop, anche perché non avevano tenuto conto della privacy.
In ogni squadra si è comunque continuato a lavorare su forza e flessibilità per rafforzare i gruppi muscolari più utilizzati nel calcio, come i quadricipiti, il bicipite femorale (situato nella parte posteriore della coscia), i polpacci e gli adduttori.
Per prevenire incidenti, si pratica stretching prima e dopo l’allenamento per migliorare la flessibilità e ridurre il rischio di lesioni, oltre a un adeguato riscaldamento prima della sessione di lavoro e un raffreddamento dopo. I preparatori curano anche la postura, la tecnica corretta e i movimenti controllati.
Tutto viene svolto con una gestione individualizzata del carico di lavoro: non è uguale per tutti. Ogni squadra ha nutrizionisti che prescrivono diete con specifici nutrienti per supportare la salute muscolare. Tutto questo si evince dai libri collegati al gioco del calcio e si constatava anche quando era possibile assistere ad alcuni allenamenti.
Negli ultimi anni, nei campionati italiani, gli infortuni muscolari sono aumentati di oltre il 55%. Studi recenti condotti da preparatori atletici e medici hanno certificato che gli stiramenti sono recidivanti nei giocatori che li hanno già subiti in carriera. Dopo un’attenta analisi, si lavora sulla gestione dei carichi, che possono variare a seconda dell’intensità e della frequenza degli allenamenti.
È evidente: chi ha subito lesioni pregresse può andare incontro più facilmente a recidive. Le fibre muscolari, danneggiate dalla fatica, possono perdere funzionalità. Uno degli strumenti principali per prevenire e monitorare è il GPS, ormai indossato dai calciatori come se fosse parte integrante dell’attrezzatura, simile a una scatola nera.
I GPS ad alta frequenza indicano i chilometri percorsi, “l’energia consumata“, le accelerazioni e le frenate di ciascun calciatore. Il GPS è stato ribattezzato anche “Grande Fratello”, in quanto raccoglie dai 10 ai 20 dati al secondo.
Attualmente, questo strumento permette di monitorare il carico di lavoro, prevenire l’affaticamento muscolare e gestire la fatica. Permette a preparatori e allenatori di personalizzare gli allenamenti, riducendo il rischio di infortuni. Tuttavia, è importante sottolineare che nessun dispositivo può eliminarli completamente.
Nel calcio moderno si corre il 30% in più rispetto al passato, svolgendo il doppio del lavoro ad alta intensità. Anche le tattiche e i moduli si evolvono, seguendo ritmi sempre più elevati. Ma difficilmente l’alta tecnologia potrà risolvere del tutto il problema degli infortuni muscolari.
È falso attribuire questi disturbi esclusivamente alla preparazione o al terreno d’allenamento, soprattutto quando si osserva che i soggetti che ne soffrono li hanno subiti in ogni squadra in cui hanno giocato.
Il prof. Barbero (recentemente tornato alla corte di Juric a Bergamo), in un’intervista recente su Buoncalcioatutti, ha dichiarato: “Ci sono altri tre fattori da prendere in considerazione riguardo agli infortuni muscolari: età anagrafica, infortuni precedenti e numero di gare giocate. Ci sono indagini e statistiche molto chiare in merito.”
Microchip e satelliti stanno ridisegnando il modo di definire l’intensità del lavoro in campo, e il calcio spera di poter limitare gli infortuni grazie a questi strumenti.
Ma probabilmente sarà sempre l’uomo — l’allenatore, il preparatore atletico, il medico e persino lo psicologo — a cercare di prevenirli, affrontando anche i problemi fuori dal campo. Per questo motivo oggi le partite non si giocano più in undici, ma in quindici.
Tutti gli strumenti sono a disposizione anche in panchina, o vengono comunicati in tempo reale. Spesso in campo si vedono cambi non previsti: non sempre è l’allenatore a deciderli, potrebbe essere il GPS a consigliarli.
In un precedente articolo avevamo scritto della preparazione calcistica in Premier League. Ci siamo però dimenticati di mettere in evidenza l’atletismo, una delle componenti fondamentali del calcio, soprattutto per quei giocatori dotati di buona qualità tecnica, che non hanno necessariamente bisogno di un fisico imponente. Esercizi di sprint, agilità, cambi di direzione, potenza, salto, resistenza e fondo sono diventati essenziali.
Tutto questo è tornato alla mente leggendo una considerazione di Vieira, che — viste le qualità a disposizione nella rosa di questa stagione — ha sottolineato l’importanza di “meno palestra, più capacità atletiche e tecniche”.
Nel nuovo staff che lavorerà con Vieira figura una new entry: Francesco Rolli, preparatore fisico proveniente dal Monza, che sostituirà il prof. Pilati, riconosciuto dai colleghi come il numero uno degli ultimi anni nel suo ruolo.






