La partita con la Norvegia non è stata un’altra Corea e ciò è dovuto soltanto al valore e al buon calcio dei rossi compagni di Haaland. Per il calcio italiano resta, però, l’ennesima lezione destinata – temo – a non contare nulla: in passato non ne abbiamo tratto profitto e non possiamo far altro che temere il peggio, perché un’ulteriore mancata qualificazione al prossimo Mondiale non sarebbe né onesta né ammissibile.
Da tempo percorriamo una strada sbagliata, e neppure gli infortuni più gravi possono offrire attenuanti contro i nordici, che hanno visto il sole di mezzanotte anche sul prato verde.
Di quanto accaduto con la Norvegia e delle altre prestazioni da incubo nei momenti decisivi delle qualificazioni mondiali sono tutti responsabili; prima ancora di allenatore e calciatori, la principale imputata è la FIGC, con i suoi dirigenti e un presidente che tiene le riforme chiuse nel cassetto.
Il gladiatorismo così favorito, vezzeggiato e idolatrato fa disonore a chi ama il calcio in Italia: porta all’estero squadre indegne di rappresentare il Paese e inevitabilmente destinate ad affondare. Molti azzurri rendono al meglio nei club, circondati da otto o nove stranieri di peso e personalità; in Nazionale, però, si smarriscono.
In Norvegia l’Italia ha mostrato riflessi spenti, nervosismo, sofferenza, fiato corto, lucidità svanita e, naturalmente, scarsa classe internazionale quasi per tutti. Spalletti ci ha messo del suo, facendo rivoltare nella tomba Rocco, Brera e compagnia.
Alla vigilia si presentava una Norvegia forte soltanto nel tridente d’attacco, autore di tre reti, e più debole in difesa. Perché, allora, non tentare di giocare “all’italiana”, con un buon catenaccio e ripartenze, invece di illudersi con il possesso palla concesso dai norvegesi quando non pressavano? Quel possesso, infatti, non ha costretto il portiere avversario a una sola parata se non al 91’, unico tiro nello specchio.
Il migliore azzurro in campo è stato il debuttante Coppola, difensore dell’Under 21, chiamato a sostituire i grandi assenti. Per il resto tutto sbagliato: seconde palle, tattica, intensità. Ogni pallone vagante in un duello diretto è stato deleterio, perché i norvegesi ne traevano sempre un vantaggio strategico.
Per l’ennesima volta raccogliamo quel che abbiamo seminato, non solo per responsabilità di Spalletti, ma per la superficialità dei dirigenti e del presidente della FIGC. Senza riforme ci ritroviamo nella solita litania: i giovani crescono e giocano nei campionati esteri; in Italia, lo scorso anno, la percentuale di stranieri utilizzati in Serie A è stata del 77%. Ora persino il campionato Under 19 inizia a imitarlo. La Moldova, lunedì sera, potrebbe fare paura, vista la condizione fisica degli azzurri?