Verso la fine del campionato si fanno strada le prime interviste su scala internazionale del tecnico del Genoa, Patrick Vieira. I primi ad intervistarlo sono i colleghi dell’emittente inglese Sky Sports, seguiti dai colleghi del Telegraph. Si parte dalla scelta che lo ha portato ad approdare al Genoa con l’obiettivo di mantenere la Serie A.

È stata una grande sfida. È stato un grande compito. Di certo mi sono preso tempo per prendere una decisione perché conosco le difficoltà di andare in un club a metà stagione, con enormi sfide sul campo, sul fronte degli infortuni, perché il gruppo di giocatori ha avuto un paio di infortuni su giocatori importanti, e con certamente enormi sfide a causa della stabilità del club fuori dal campo. Così, quando ho messo tutto assieme, è stata una grande decisione. Ho però fortemente creduto che avrei avuto le capacità e la qualità per fare rimanere questo club in Serie A. C’è una forza intorno a questo club: certamente una grande parte della mia decisione sono stati la tifoseria del Genoa e l’atmosfera del Ferraris. Quando ho analizzato la situazione e visto il potenziale del club, ho pensato che ci fosse per me tutto quello che serviva per fare un buon lavoro”. 

Quanto ha portato Vieira nel Genoa delle esperienze da allenatore fatte in altri club? “Penso che in ogni club nel quale sono stato io abbia riflettuto su di me come allenatore, come manager, e oggi sono un allenatore diverso – spiega l’allenatore rossoblù – Queste esperienze mi hanno fatto riflettere su di me, su cosa fare per migliorarmi e per lanciare una sfida a me stesso al fine di essere migliore. Oggi sono un allenatore diverso da quando iniziai come manager del Manchester City Under 21 o del Nizza. E questo perché queste esperienze mi hanno reso più forte e migliore”. Dopo aver sottolineato l’importanza di essere partito dalle giovanili del Manchester City per crescere passo dopo passo, trovandosi nel posto giusto al momento giusto, Vieira parla di cosa debba avere oggi un allenatore moderno: “Nel calcio moderno un allenatore deve essere innovativo, deve imparare da sé stesso in cosa migliorare, come vuole giocare, quali elementi tattici vuole utilizzare per migliorare al meglio, collettivamente e individualmente, i giocatori. Si tratta di costruire questo genere di relazioni e rapporti anche con la dirigenza e di amministrare 26 giocatori. Sono stato, in tal senso, abbastanza fortunato perché ho avuto la possibilità di allenare in Francia, in Inghilterra e in Italia, imparando differenti culture, lingue, modi di fare calcio. Queste esperienze mi aiuteranno ad essere ancora migliore”.

Il gioco del calcio è cambiato aggiunge Vieira – Io penso che tu debba allenare 26 giocatori sul campo, costruire un rapporto con la dirigenza, avere buoni rapporti coi media, avere comunicazione coi tifosi. Non è più essere solamente un allenatore o un manager, ma è un mettere entrambe le cose nella stessa scatola. Creare al meglio queste relazioni coi giocatori è importante. Globalmente, direi che si impara da ogni singola esperienza”. Ma quali sono state, tra le altre, le motivazioni che hanno portato alla sua decisione di scegliere il Genoa? “Il Genoa è il Club più Antico d’Italia. Quando giochiamo in casa abbiamo sempre 34mila tifosi allo stadio. Qui ci sono una reale passione e una forte ambizione di giocare in Europa nel prossimo futuro. Per questo parliamo di un grande club con una grande ambizione. Di certo, avere relazioni con club come il Boca Juniors significa molto per il club: è solo una delle ragioni per cui il Genoa è uno dei più grandi club in Italia. Oggi sono un allenatore migliore di quanto non lo fossi ieri e domani lo sarà rispetto a quanto non lo sia oggi. Continuerò a lavorare e mettermi alla prova, riflettendo su cosa posso migliorare. Vedremo quanto lontano potrà andare. 

Ai colleghi di Sky Sports torna anche sulla propria carriera da calciatore, circondato da allenatori che hanno scritto pagine importanti della storia del calcio. “Ho avuto alcuni dei migliori allenatori intorno a me, da Mourinho a Wenger, da Capello a Mancini. Tutti erano differenti tra di loro. E io stesso voglio essere diverso da loro. Loro mi hanno aiutato ad essere un allenatore migliore, ma voglio avere la mia personalità. Voglio essere me. La visione che ho e la visione che voglio imprimere sul campo è abbastanza chiara per me. Voglio semplicemente mettermi alla prova, provare a migliorare, lavorare duramente ogni giorno per essere il meglio di ciò che posso essere. Provo a controllare le emozioni perché sono il leader di un gruppo. Ho ancora dentro di me questa passione ed è importante condividerla coi giocatori. Ma io non sono più un giocatore. Ora sono un allenatore e devo controllare queste emozioni. Sono esigente coi giocatori in merito al lavorare bene e duramente ogni giorno, al metterli alla prova. Credo fortemente che quando un giocatore entra ed esce dal campo, deve avere imparato qualcosa. Deve avere il sentimento di aver dato tutto ogni giorno e in ogni allenamento. Non sarò mai soddisfatto quando un giocatore, uscito dal campo, non sente di aver lavorato duramente o aver fatto abbastanza bene”. C’è una puntualizzazione, però, con la quale Vieira vuole mettersi in gioco prima di tutti gli altri: “Prima di puntare il dito contro qualcuno, però, mi piace guardare me stesso e provare a capire se ho fatto tutto nel modo giusto. Al giorno d’oggi è forse troppo facile puntare il dito verso le persone. A me piace guardare me stesso e credo che ci sia ancora molto che voglio raggiungere. Sono abbastanza ambizioso“.


Genoa, Malinovskyi è diventato nuovamente papà