L’unica cosa importante era la vittoria. Ma all’Europeo eravamo  convinti che ci saremmo andati. Non si poteva pensare ad un’altra eliminazione.

Il gioco di Spalletti ha emesso i primi vagiti contro l’Ucraina, ma solo per 35’ nel primo tempo. Poteva chiudere la partita con almeno altri due gol. Poi il rovescio della medaglia e la paura per il calo fisico, la sofferenza contro  gli ucraini, squadra solida e ostica che ci ha provato a mandare gli Azzurri agli spareggi fino al 93’ di gioco.

Spalletti non ha puntato sulla specificità del ruolo, dimenticandosi che senza Osimhen probabilmente non avrebbe vinto lo scudetto lo scorso anno. Il centravanti deve fare gol, non solo sponde e appoggi.

Raspadori falso nove come in Spagna è servito solamente, seppur bravo, a fare spazio alle incursioni da dietro, da centravanti peggio di Egidio Calloni. Sprecati rigori in movimento. La differenza con il gioco iberico che sono gli altri esterni di qualità e centrocampisti a fare valanghe da gol.

Bravo Spalletti a puntare su quelli che avevano fame come Locatelli, trombato da Mancini dopo l’Europeo vinto per capricci, e Frattesi, al quale non piace il ruolo di riserva nell’Inter di Inzaghi. Sono loro ad aver dato la svolta vittoria agli Azzurri. Bene anche Zaniolo sulla corsia di destra, sempre pungenti sugli esterni con Di Lorenzo e Di Marco.

Calati loro e Frattesi la luce è diventata fioca. Rimasto a galla Barella sempre pronto a recuperare palloni e presentarsi nell’area avversaria. Donnarumma capitano, sempre fischiato dai milanisti, solo una parata e un brivido per una punizione dal limite che aveva le caratteristiche (prima del tiro di Mudryk) di quella macedone di sabato scorso.

In difesa qualche sbavatura del giovane Scalvini, essenziale Bastoni. Entrambi hanno fatto perdere la voce al ct per le marcature preventive, sotto la linea del pallone e non coinvolti nella fase offensiva con difesa alta nel francobollare le punte avversarie prima che la squadra avversaria riconquistasse il pallone e partisse in contropiede con i lanci lunghi.   

Adesso è tempo di sorrisi per Spalletti, che ha due mesi per cercare un’altra Italia anche con i ritorni di Chiesa, Pellegrini e altri. Tuttavia non dovrà dimenticarsi quanto detto in precedenza: senza l’uomo mascherato sotto il Vesuvio non avrebbe vinto il Campionato e la nazionale ha bisogno di giocatori affamati dopo aver scaldato le panchine della Serie A.

Ha debuttato con Spalletti anche Retegui. L’unico suo neo essere stato scoperto da Mancini, l’unica spiegazione per l’essere stato utilizzato così in ritardo. L’allenatore di Certaldo potrebbe aver capito che con il centravanti del Genoa o qualche altro avrebbe potuto stappare in anticipo con la Macedonia e l’Ucraina una delle sue bottiglie etichettate “Fuoricampo” e prodotte nella sua tenuta toscana.

Retegui in soli 20’ ha fatto vedere in tre occasioni di proteggere il pallone da guida, di non essere egoista svariando e fornendo l’assist a rimorchio, di sapersi buttare dentro nell’unico cross arrivato e tirare ribattuto da un avversario. Una prima punta moderna che avrà fatto gongolare Gilardino davanti alla tv.