Il Vecchio Balordo travolto dal solito destino, non insolito, nel 124° Derby della Lanterna.  Lina Wertmuller (RIP) avrebbe cambiato il titolo al suo film se fosse stata tifosa del Genoa.

Il 124° Derby della Lanterna è stata la somma di tutti gli errori commessi dalla società negli ultimi anni. Una mesta “broccaggine” si è impadronita di qualche calciatore  in campo, non solo nella stracittadina: non è colpa loro, ma di chi li ha ingaggiati e dei  procuratori e agenti che li hanno proposti facendo una buona cresta con la somma e il tempo dell’ingaggio, pur avendo poche possibilità di essere da Serie A.

La Samp ha meritato di vincere con un gioco semplice. Con 4-4-2 lineare, scolastico,  messo in campo da D’Aversa, con sovrapposizioni sulle corsie laterali e centrocampo robusto , con i due centrocampisti laterali capaci di fare la spola e dotati di buone capacità difensive e offensive, ha dato scacco matto a Shevchenko e il suo staff di tecnici in panchina.

Sampdoria che ha sfruttato tutti gli errori del Grifone senza fare sfracelli: sono i  dati della gara nel certificare quello avvenuto sul terreno di gioco.

La Sampdoria ha avuto più consistenza tecnica, al Genoa non è bastato il brio degli ultimi 20 minuti. Senza determinazione nel primo tempo sono state smontate le velleità tattiche da qualsiasi avversario. Per il Vecchio Balordo un altro incontro tecnicamente povero e non all’altezza della Serie A, come è successo in tutte le diciassette giornate di campionato inficiate dalle remore in centrocampo, dagli errori difensivi e dalla pochezza in attacco.

Sheva e la sua schiera di collaboratori tecnici e tattici, contro una squadra che aveva incassato in media due reti a partita nelle 15 gare precedenti, eccetto il pareggio 0 a 0 con il Sassuolo del 29 agosto, dovevano fare tatticamente di più.

L’alibi del gol al 7’ minuto conta poco: è una tradizione di tutta la stagione farsi infilare nei primi 15’ di gioco, ormai quasi più famoso della “Zona Cesarini”. Bisognava fare di più cambiando strategia dopo averlo subìto.

Ballardini è andato sotto per sei gare, anche pesantemente nelle precedenti gare: cambiando tattica, anche quando tutti non erano a disposizione, ha strappato il pareggio con una squadra non più molle ma carica piena di cuore, felce di non difendersi solamente.

Sheva e i suoi tattici invece sono rimasti attaccati al 5-4-0 fino all’entrata di Destro al 57’, Grifone in gol dopo oltre 500’ proprio con Destro in campo da dieci minuti. Hanno  aspettato a mettere dentro Kallon a 5 minuti dalla fine dell’incontro, fatto una sostituzione non capita con Vasquez al posto di Masiello (a meno che l’ex Dea non avesse problemi), con il centrocampo che ballava e Hernani brasiliano inconsueto nel trovare non una giocata, ma un passaggio e un attacco troppo sterile che ha fatto girare i palloni a Pandev che ha provato a fare tutto da solo.

Hernani si è mangiato un colossale gol all’inizio del secondo tempo, un calcio di rigore in movimento, neppure prendendo la porta di Audero: un episodio che avrebbe potuto cambiare l’esito della partita.

Destro ha dato la carica con il suo gol, ma Portanova al posto di Hernani con la sua verve da Duracell ha fatto spostare il baricentro in avanti  dopo il 70’ con il Genoa sotto di tre gol.

Il Vecchio Balordo attendista, la crisi del gol in attacco, i calci d’angolo hanno frenato ancora una volta il Genoa dall’inizio del campionato, portandosi dietro errori e lacune che derivano ancora dalla scorsa stagione.

Sheva deve cambiare rotta tatticamente: con l’attendere gli avversari con catenaccio e contropiede avrà pochi successi, anche con tanti in piedi sulla panchina del Grifone a dare  consigli e ordini ai calciatori. Basta con il 5-4-0: perdere per perdere torni ai primi tempi della nazionale ucraina, anche se la rosa a disposizione fino a gennaio è questa: bisogna giocarsela con equilibrio contro tutti.

Per la società adesso Sheva non andrà  sotto processo. La sua voglia di allenare in Italia e – perché no – di fare risultato anche contro Roma, Milan e Juventus, le squadre che conosceva  meglio, è stata tradita non solo dagli infortuni, ma dalla composizione della rosa a disposizione, poco conosciuta.

Oltre volere tempo per il futuro, adesso chiede rinforzi per mettere il suo marchio e dare una identità alla squadra. Sheva non invocherà top, consapevole che difficilmente direbbero di sì, ma si accontenterebbe di buoni e semplici rinforzi di qualità e gamba mancanti nei tre settori di campo, già pronti e consapevoli di giocarsi la salvezza.

Se queste garanzie da toccare e vedere non si presentassero al Pio Signorini nei primi giorni di gennaio, anche prima se svincolati, Sheva potrebbe prendere altre decisioni? Retrocedere alla prima esperienza di allenatore di squadra non sarebbe da pedigree di un Pallone d’Oro.

Ad ora Sheva ha alibi importanti, fra qualche giornata potrebbero essere una foglia di fico che non coprirebbe le lacune delle assenze, ma anche del gioco in fase di possesso. D’accordo, davanti quelli impiegati hanno fatto poco ma difficilmente hanno avuto palloni puliti da sfruttare e i pochi che sono arrivati sono stati ciabattati.

Sheva ha ragione quando dice che gli serve tempo per costruire il suo gioco e l’identità, ma in questo momento non si possono più dribblare difficoltà sempre più evidenti. Il cambio di panchina non ha migliorato il rendimento dei calciatori e per un cannibale delle vittorie e del gol come il Pallone d’oro tutto ciò si concilia poco e male.

Il 124° Derby della Lanterna per il Genoa è stato salvato dalla comunicazione perfetta,  immediata e in un inglese senza troppi giri di parole, di Josh Wander, che ha visto la Nord ribollire dopo lo spettacolo fatto. Il co-fondatore di 777 Partners  con  una comunicazione compiuta, triste per la stracittadina persa, ha preso di petto la situazione con parole chiare sulla volontà di salvare il Genoa subito da gennaio 2022 e, pur tra la delusione, ha mandato a dormire il popolo genoano con qualche angoscia in meno. Grazie.