Nella sua prima intervista a Telenord, quasi in contemporanea con la manifestazione della tifoseria sotto la Gradinata Nord, da ex presidente del Genoa, Enrico Preziosi è tornato a commentare i contorni della cessione della società rossoblu a 777 Partners, che da ieri sono ufficialmente i proprietari del Club più Antico D’Italia. Si riparte dal 2003 e dal come venne messo in contatto con l’allora presidenza rossoblu per rilevare il Club più Antico d’Italia. “Ci siamo amati, ci siamo odiati. Il nostro rapporto è finito, con rispetto, e saluto tutti quanti, compresi quelli che mi hanno contestato. Forza Genoa, il resto conta poco”.

Credo fosse stato Campoccia a mettermi in contatto con l’ex presidente, che era Dalla Costa. E da lì è nata la trattativa, la volontà di entrare in questa avventura e siamo qua, dopo diciotto anni. Il ricordo di allora che ho più impresso? Ricordo la vicenda perché avevamo combattuto affinché il Genoa venisse ripescato nella Serie B a 22. La prima volta che sono arrivato allo stadio, si giocava Genoa-Siena poi finita malamente. Ricordo questo intervento di Boisfer sulla gamba di Ardito che gli procurò quasi un anno di infortunio. Il Siena reagii e ci mise sotto. Ricordo che c’erano degli ultrà abbastanza aggressivi, io entrai invocando un po’ di calma e dissi che anche in Serie C la avrei comprata la squadra”.

Quanto valgono gli americani del Genoa nella classifica delle proprietà americane e canadesi in Serie A?

“Non farei una classifica, ma li metterei sicuramente tra i primi. Col livello di investimenti fatti da questa holding credo siano anche maggiori di quello che è il patrimonio di Commisso. Secondo me se la giocano tra di loro. Se è stata una fortuna non prendere il Siviglia? Credo che col Siviglia si possa avere una sinergia da qualche altra parte. La molla che mi ha indotto a chiudere la trattativa è stata la capacità di investimento. Hanno 6 bilioni di investimenti nel mondo e quando si parla di bilioni si parla di migliaia di milioni. Sono persone ambiziose, ma perbene”. 

Quando è iniziata questa trattativa?

“A maggio. L’intermediario mi aveva contattato l’anno prima. Poi n maggio mi disse “se vuoi prendi un aereo e vieni a Madrid”. Lì abbiamo conosciuto Blasquez e subito l’approccio mi è parso serio e concreto. Da lì è partita la negoziazione. Ci sono stati mesi, come in tutte le trattative serie, in cui siamo riusciti a non avere un eco su questo. Ed è questo che mi ha convinto perché le altre sono quasi sempre apparse sui giornali. Negoziazione abbastanza lunga, complessa, molto approfondita nella due diligence. Ad agosto siamo riusciti ad avere il primo accordo, a settembre a firmare il signing. E ora arrivare il closing”. 

Sulla trattativa con Gallazzi, l’unica trattativa considerata seria in mezzo alle bufale? Che successe?

“Gallazzi doveva rappresentare un fondo, ma non era lui che potesse avere le risorse per comprare il Genoa. Non so su quale fondo si fosse fondato, ma non c’erano i presupposti. Poi arrivò Anselmi che mi dava sicurezza sulla persona. Li ho visti anche scendere in campo. Su questo dovremmo scrivere un libro perché dal 2016, quando ho deciso di voltare pagina col Genoa perché non mi era più possibile dare continuità al mio operato, sono usciti un sacco di avventurieri”. 

Perché ho venduto?

“Le valutazioni di Forbes si riferiscono al patrimonio in generale. Non mi considero un povero, anche se lo sono stato. Laliquidità è una cosa il patrimonio un’altra. Ho venduto in quanto non c’erano più i presupposti e c’era stanchezza e inquietudine nel rappresentare una società comunque importante. Ho dovuto continuare, e di fatti gli errori si sono visti. Quando uno continua in una direzione ma non sente più le cose e ha l’boettivo di cede, è diverso da quando sei dentro al cento per cento. Non ho venduto per soldi, ma di sicuro ho cercato di trovare quella società e quell’insieme di persone che potessero assicurare il futuro del Genoa. L’amarezza è di non essere riusciti ad accontentare i sogni dei tifosi. Direi che è un’incompiuta. Quando vai un po’ sulle montagne russe ti lascia sempre un minimo di rimpianto e amarezza per quanto potevi fare. Potevi farlo meglio e non l’hai fatto. Di sicuro la sera dormo tranquillamente, sapendo di aver fatto le cose in coscienza e per il bene della società”.

Sui motivi della sua decisione di vendere“Uno approccia la mondo del calcio soprattutto per passione, e fin da piccolo ho avuto un’attenzione particolare versoquesto sort. Poi cresci, lavori, hai un’azienda e lo fai anche per notorietà. E c’è un pizzico di tutto questo. A muoverti è soprattutto la passione, il sogno di poter realizzare qualcosa di bello in questo mondo. C’è chi ci riesce, chi non ci riesce come me. Poi c’è la contestazione che ho sempre accettato, e mai l’ho contestata. Solo un episodio scurrile ho contestato contro mia figlia. Quella persona la maledico, chiunque essa sia, e mi farebbe piacere incontrarla. I tifosi sono molto legati ai risultati sportivi e negli ultimi 4/5 anni gliene abbiamo date poche di soddisfazioni, forse zero. Anzi zero. Le ho accettate, mio malgrado, e anche capite. Il fatto che qualcuno dica “Preziosi Vattene”…forse da tifoso avrei fatto la stessa cosa. Chi è innamorato di una squadra vuole sempre avere certezze, soprattutto quando si compete con la Serie A. Li capisco. La contestazione, dunque, è stata frutto di risultati non arrivai. Me la prendo e ho cercato di reagire a determinate ingiurie, come quella di fare le plusvalenze. Chi ha amministrato questa società sa benissimo quante risorse ho immesso in questa società, i fatti sono fatti. Basta guardare i bilanci. La contestazione secondo me è sacra e mi sono difeso dalle ingiurie. La stanchezza deriva dal sapere che non c’è più voglia di stare ma sei costretto a stare. Quello che si diceva in giro, che Preziosi non mollava il suo giocattolo, in realtà non vedevo l’ora e in famiglia era diventata molto pesante la situazione. Per uscire fuori da questa situazione bisognava avere degli interlocutori e se ne sono avvicinati parecchi. Il famoso “Non mollo” ha tenuto duro finché non ci fosse le garanzie che gli investitori fossero quelli giusti. Riconosco che i risultati sono stati insoddisfacenti e me ne rendo responsabile. La domanda è se potevo fare di più. E io dico che poteva fare meglio, ma non potevo fare di più. Abbiamo anche dovuto confrontarci con la crisi della mia azienda, composta da migliaia di persone. Sino al 2011 avevo risorse sufficienti da mettere anche nel Genoa, dopo ci siamo dovuti arrangiare con quello che questo tipo di mondo di dava facendo salti mortali incredibili. Avevo grandissima voglia di uscirne fuori, ma uscirne a testa alta, dando al Genoa un futuro che credo ora abbia”. 

Sui 5000 container fermi in Cina e se sono stati una spinta in più a vendere: “non era questo, perché è successo da giugno in avanti. Non è una giustificazione per quanto fatto in passato“.

Che società ho lasciato dopo 18 anni? Si sente dire spesso pieno di debiti o invendibile…

“Trovai un campo di patate con una organizzazione inesistente. Quando si parla di macerie lasciate da Preziosi, chi andasse oggi al Pio vedrebbe che sono stati fatti degli investimenti importanti. Ricordo la dichiarazione di quel signore di là (Garrone, ndr), che quella sera non era molto lucido: sicuramente non mi sono mai occupato dei debiti della Sampdoria. Mi sono sempre occupato dei miei e il Genoa in 18 anni non ha mai preso un punto di penalizzazione. Guardavano le scadenze come fossero loro, e noi le abbiamo sempre onorate. Questo è il dato oggettivo. L’anno della Licenza UEFA cosa accadde? Chi mi conosce bene sa benissimo che non sono mai andato in azienda né a guardare conti né altro, per un difetto dovuto a me personalmente, e siamo scivolati su una strada molto sdrucciolevole che ci ha portato a non poter onorare quanto ottenuto sul campo. Un fatto di cui mi dispiace, e di cui un pochettino mi vergogno, però è successo. È un dato negativo che mi porterò sempre dietro. Per quanto riguarda i debiti, li abbiamo sempre onorati, a volte con fatica, devo dire, ma in mancanza di risorse bisogna arrangiarsi. E qui si ritorna al tema plusvalenza: ma è troppo facile per chi non conosce questo mondo fare i conti in tasca agli altri. Abbiamo sempre avuto ingaggi mostruosi rispetto a quanto poteva essere un ingaggio equilibrato. Perché l’ho fatto? Perché mossi dall’ambizione a volte si fanno errori. Non dimenticate gli 8 milioni all’anno di Toni. Volevamo fare qualcosa di importante al Genoa e non ce l’abbiamo fatta. Basta, questi sono i dati di fatto. Me ne prendo la responsabilità”. 

Quanto mi è mancato Gasperini in questi anni?

Tantissimo. Per me è stato il migliore allenatore in senso assoluto, l’unico col quale riuscivo a parlare di calcio. Con gli altri, francamente, ho fatto molta fatica. Credo sia uno dei migliori allenatori in Europa. Se ho un po’ di invidia per quanto l’Atalanta sta facendo con Gasperini? No, non ne soffro di invidia. L’ho consigliato una sera a Percassi, col quale abbiamo ottimi rapporti e col quale siamo amici. Hanno avuto la fortuna e la capacità di valorizzarlo. Lo stavano per esonerare? Alla sesta partita sono intervenuto io e ho detto loro “di non mandarlo via, non avete capito!”. Non capisco il discorso del miliardo e cento. I patrimoni non si intendono in liquidità, non sono solo in soldi. Sono valori. Forbes si assume la responsabilità di ciò che ha scritto, io di sicuro non sono un povero. Avendo disponibilità avrei fatto follie per il Genoa. Evidente che il discorso delle plusvalenze che tutti hanno condannato, da tifoso lo avrei condannato anche io, ma sono servite a tenere il Genoa in Serie A e fare fronte a tutti gli impegni. Potevamo anche non farlo ma si sarebbe rischiato molto di più. Se il Preziosi del 2003 se lo comprerebbe il Genoa di oggi? Certamente sì. E non sono affatto deluso. Se me lo si chiede, sono serenamente triste perché è un pezzo di vita che hai lasciato. Ma sono anche felice di averlo lasciato nella maniera più corretta e tranquilla possibile. Per me, la mia famiglia e soprattutto per i Genoani”. 

Vero che , prima del Genoa, era vicino alla Sampdoria?

Vero, sono stato vicino a Enrico Mantovani. Fece un colpo di mano dando alla stampa un mio possibile interessamento, mai finalizzato però nessun tipo di accordo”.

Perché ha confermato Ballardini alla fine dello scorso anno?

Qualcuno dice che ho detto “Ballardini è scarso”. Voi giornalisti molto spesso siete poco attendibili, ma se devo dire a Ballardini che è scarso glielo dico in faccia. Ho avuto abbastanza incontri e scontri con Ballardini. Credo che nessuno sappia la verità, ma sarebbe anche l’ora di dirla. Prima della gara con l’Inter, ad esempio, Ballardini venne da me e mi disse che lo dovevo mandare via, che non voleva stare più. Ballardini potrà confermarlo. Gli dissi che se voleva andare via, avrebbe dovuto dare le dimissioni, ma non le ha volute dare per un motivo tecnico, o non lo so. La verità che Ballardini prima ancora che iniziasse il campionato mi ha fatto questo scherzo. Non ho voluto, in fase di negoziazione, e ho dovuto stringere i denti ed essere paziente. Non ho niente da addebitare a Ballardini e come ho fatto con tutti gli altri allenatori non ne ho mai parlato male. Perché Ballardini mi è venuto a dire queste cose, che sono pesantissime? Il mercato era ancora aperto e non avevo avuto ancora l’ok da alcuni giocatori, come ad esempio Maksimovic. Non voglio entrare in polemica con un mio ex dipendente, anche perché non è presente e non è corretto e giusto. Rispetto Ballardini per quanto fatto, ma per me abbiamo raccolto meno di quanto avremmo potuto. Ballardini fa parte della sua storia ed è finita e mi auguro che il nuovo allenatore possa fare meglio di quanto fatto da lui”. 

L’iter degli ultimi anni, ne riguardi degli allenatori, è stato caotico. Non sarebbe anche da riflettere su sé stessi

“È quando dico che si poteva fare meglio…parliamo dal 2017 in avanti, anni pesantissimi. In questi quattro anni, come allenatori, ci sono stati determinati personaggi. Parliamo di Juric, che per me è un grandissimo allenatore che in quella fase lì non era maturo? Vogliamo parlare di Thiago Motta che sarà uno dei più grandi allenatori? Cosa è successo? Alcuni risultati non sono arrivati subito, non c’è stato il tempo e a Genova tempo non c’è mai tempo. E allora fai cavolate e più errori se lavori in emergenza. Non sono riuscito a pianificare bene, e se Juric è quello che penso, avremmo potuto fare un progetto molto più lungo tipo Gasperini”. 

Sulla vicenda Andreazzoli: “ci sono stati problemi tecnici all’interno tra Capozzucca e altre persone, che hanno creato insoddisfazione e insicurezza. Non sono stato capace di intervenire nella maniera migliore. L’ho sempre ritenuto un grande maestro, ma per me insegue il risultato attraverso il gioco e non guarda quelli che sono discorsi più pratici. Ci sono delle problematiche che non va bene mettere sul tavolo e spiegare il perché. È un tuo dipendente? L’hai scelto? Se hai sbagliato, te lo paghi. Questo è stato il mio modo di operare: quanti giocatori abbiamo sbagliato? Innumerevoli. Li abbiamo sempre tenuti, pagati e mandati via. Dal 2016, dopo l’uscita di Gasperini, non abbiamo più avuto una programmazione. Resta però un fatto: non ho mai litigato con giocatore, un allenatore, Gasperini mi saluta affettuosamente e ci vogliamo bene, Juric mi chiama una volta al mese per chiedermi come sto. Questo qualcosa conterà perché alla fine mai una frase è uscita su determinati giocatori o determinate situazioni. Non era bello e i panni sporchi te li lavi in famiglia. Devi prenderti insulti e applausi, come tutte le persone al centro dell’attenzione”. 

Il settore giovanile nella conduzione Preziosi ha vinto tre scudetti, due Supercoppe, una Coppa Italia. È un asset importante con un fuoriclasse come Sbravati. Quanto è stato importante e come viene considerato dai 777 Partners?

“Per loro è qualcosa di prezioso su cui puntare e migliorare e ciò lo si può fare solamente con strutture. Cogoleto è ancora nostro? L’ho comprato io tanti anni fa e lo conferiamo a zero, perché è qualcosa che ancora appartiene alla mia famiglia. Mi sono impegnato a cederlo: non so se nelle carte è già stato fatto. Nuovo Genoa Village? Loro hanno intenzione di investire e hanno anche voglia di fare bene le cose, oltre a investire. Peccato la classifica distragga un po’ dagli intendimenti veri dei nuovi proprietari, che hanno un long time business e faranno le cose fatte bene. Non sono un fondo, ma una proprietà che ha già fatto mettere al figlio di Josh la maglia del Genoa. E vuol dire già attaccamento. Spero che attraverso investimenti possano mettere a posto Cogoleto per il settore giovanile, che non sa davvero dove giocare. Sbravati? Guai a privarsene. È una delle persone più serie, è molto legato al Genoa e alle proprie sorti ed è in atto il prolungamento del suo contratto. Credo meritasse più di quanto raccolto: spero la nuova proprietà se ne renda conto e rimedi”.

Ci sono stati tre grandi mercanti di giocatori in Italia: Preziosi, Giampaolo Pozzo e Percassi. In passato ci fu Anconetani. In questa graduatoria chi è il migliore dei tre?

“Sono il peggiore perché i Pozzo hanno una situazione più florida nelle loro aziende. Non amo essere definito mercante e questa parola va tolta da questo tavolo. non ho parole per correggere: questa parola non va bene neanche a Pozzo e Percassi. Ci sono giocatori che, dal settore giovanile dell’Atalanta, ha fatto grandi risultati e altri hanno fatto flop. Ci sono state opportunità che hanno permesso plusvalenze importanti per risanare i bilanci. Ne abbiamo fatte tante e non sono state così utili per risanare il buco che ogni anno si formava. La cessione del Genoa agli americani l’ha rimessa in pace coi tifosi? Questo sì, mi fa molto piacere. C’era una contrapposizione enorme con la gran parte dei Genoani che hanno protestato per gli ultimi risultati. Il fatto che si sia riusciti a fare un’operazione di questo tipo, che mette in pace. Non voglio essere ricordato per aver salvato il Genoa oppure per i 15 anni in Serie A. Voglio essere ricordato per essere una persona che ha fatto tante cose, che ci ha messo passione, che più volte ha sbagliato e altre volte ha fatto le cose bene. Come tutte le persone di questo mondo che se le metti sotto una lente d’ingrandimento troviamo forse maggiori difetti, e forse anche maggiori pregi. Non voglio che qualcuno mi sia grato per averlo salvato a Treviso: è un fatto loro personale. Mai mi sono arrogato il diritto di dire “vi ho salvato da fallimento”. So però cosa ho trovato a Genova e dire che non ho fatto niente è delittuoso, dire che lo si poteva fare meglio. Ormai è storia del passato: la mia presenza stasera è per dire che vengo a salutare anche chi mi ha contestato, con le sue motivazioni e ragioni. Vengo per dire che non sparisco, sono qua, sarò tifoso del Genoa e spero di poter vedere, a cose migliorate, una partita del Genoa da tifoso”.

Quanto la preoccupa questo avvio così stentato? Quanto può pesare su una proprietà nuova che non ha tanta esperienza?

Io nel Genoa non conto più niente, bisogna chiarirlo. Se qualcuno mi chiede un consiglio, io mi rendo disponibile. Il mio compito è di rappresentanza in Lega per alcune situazioni: ho una delega ed è legata a un contratto. Non vuole dire che farò qualcosa contro il parere dei nuovi proprietari e ogni volta che valuterò qualcosa, farò da portavoce. Ci sono alcune clausole contrattuali. Non decido assolutamente niente, e neppure nelle decisioni più recenti ho messo il naso. Quando c’è stato il nome di Shevchenko, ero molto contento perché essendo Pallone D’oro, grande giocatore, aveva maturato un’esperienza importante in Ucraina. Nessuno mi ha chiesto il permesso. Ho dovuto firmare perché ancora non c’era stato il closing e ho aderito a quelle che erano le loro volontà. Quanto mi preoccupa la situazione? Un pochino sì, ma questa società farà in modo che il Genoa non retroceda. Non ne sono certo, ma certissimo. Anche facessimo 4/5 punti in queste gare, ci salviamo tranquillamente perché i valori di questa società e di quelle che verranno saranno sufficienti per superare questa crisi”.

Zangrillo l’ha suggerito lei?

“Con Zangrillo ho un ottimo rapporto essendo medico della mia famiglia. Io amico di Berlusconi? Non sono amico di Berlusconi, ma certamente è una persona che ho sempre stimato. Zangrillo lo conosco invece per altri motivi e so della sua genoanità. Quando è stato proposto il suo nome, ne sono stato molto felice. Lui esprime genoanità. A me è stato sempre detto che ero un foresto e non potevo reincarnare un Genoano. Oggi c’è Zangrillo che incarna il Genoano vero. Ho una proprietà nuova, con capacità, e un presidente che ha accettato. Credo di aver fatto un buon lavoro”. 

Sulla definizione di squadra migliore degli ultimi 7/8 anni e se ci crede ancora a questa dichiarazione: “è una domanda logica visti i risultati. Stiamo parlando di giocatori che hanno dato risultati. Se si infortunano Caicedo, Vanheusden, Maksimovic…bisogna vedere la squadra al completo e senza un eccesso di giocatori come la nostra. Mi ero proposto come aiuto dell’allenatore per eliminare 4/5 che riteneva non fossero utili alla squadra, ma evidente che non abbia voluto tagliare fuori nessuno. Davanti potevamo avere Caicedo, Destro e giovani come Buksa, Kallon, Bianchi. Fare crescere un giovane vuol dire permettergli anche di sbagliare. Per rispondere alla domanda direi: aspettiamo e vediamo con la squadra completa. A centrocampo tanti giocatori simili? In quel ruolo o si gioca con Sturaro o con Tourè, addirittura con tutti e due se si mette il play. Tourè avrà i suoi problemi, ma le premesse dovevano essere diverse. Con Sturaro avevo parlato ancor prima che iniziasse il campionato e mi aveva promesso il suo comportamento e la sua voglia d riscattarsi al Genoa. È serio e credo che abbia voglia di dimostrarlo, ma ha giocato pochissimo e non capisco perché uno come lui non giochi”.

Sui progetti di Superlega: “Ne abbiamo parlato spesso in Lega e la stragrande maggioranza dei presidenti non è d’accordo su certi tipi di iniziative. Bocciatura completa“.

Qual è il giocatore al quale si sente particolarmente legato?

“Sarebbe molto facile dire Milito che per me rappresenta una svolta importante in termini di prestazioni in campo. Anche se non ci sentiamo, ogni tanto ci mandiamo un messaggio. Milito e Thiago Motta sono le persone che sento più vicine”. 

Sono gli americani, ma dietro c’è il Milan. A lei la risposta…

Se non romanziamo ogni tipo di iniziativa, non facciamo parte di questo mondo. Loro vogliono entrare nel calcio, hanno tentato la scalata al Siviglia e hanno “ripiegato” sul Genoa. È una romanzata cui non voglio dare seguito”. 

Sugli investimenti a lungo termine su cui 777 Partners è focalizzata: “questi hanno intenzioni molto serie anche sullo stadio. Se potessero comprarlo domattina, lo comprerebbero. Se è oggetto di asta pubblica, il Genoa può tranquillamente acquistarlo con l’impegno di affittarlo. Sarebbe lo stadio del Genoa come tutti i tifosi vorrebbero. Per loro non posso parlare, ma già pubblicamente hanno espresso di avere intenzione di avere uno stadio aperto tutti i giorni. Se c’è possibilità che muti la mentalità di uno stadio aperto? Lo stadi spero dipende da qual è l’elemento di attrazione. In un certo tipo di centro dove ci sono molti colori rossoblu, uno si sente a casa e sa che, anche spendendo in quella parte di Genova, spende per la propria squadra. Tale sentimento accompagna i Genoani”. 

Come vede il Genoa tra cinque anni?

“Bene, molto bene. Nel calcio funziona così: se hai delle risorse e passione, le metti a disposizione per alimentarla. Loro hanno capienza e passione e sicuramente, man mano, seguendo l’animus del Genoa, saranno portati a investire sempre di più perché si innamoreranno del Genoa. Ne sono certo. La parola Champions stona? Con loro no. Con loro bisogna avere pazienza e aiutarli soprattutto in questa fase delicata, dove magari non capirebbero perché ci possa essere malumore. Tolto Preziosi, si dovrebbe stabilire questo clima, ma bisognerà supportarlo fin quando capiranno meglio il calcio e Genova. Sicuramente loro non faranno errori. La pazienza a Genova dura poco, in una città dove ci sono due squadre e molta competizione. Vedrete che un giorno tra qualche anno mi benedirete, anziché magari maledirmi”.

Se tra i rimpianti c’è la competizione della Coppa Italia, di non aver spinto di più?

“Personalmente l’ho sempre vista con distacco, ma la squadra non è che la vivesse con distacco perché le vivevo io con distacco. Le squadre forti di un tempo sono quasi sempre uscite al primo o secondo turno. Io ho sempre pensato al risultato sul campo del campionato, ma Thiago Motta e Milito sono scesi in campo. Si dovrebbe chiedere a chi gli allenava all’epoca”. 

Nel momento di grande entusiasmo era inevitabile vendere i campioni o era impossibile rinforzarla e tenersi i campioni?

“Racconto una cosa molto semplice. Anzitutto un giocatore lo vuoi trattenere e se lo devi  trattenere, lo devi equiparare in funzione delle richieste di altre società. Lo stesso Milito, non l’ultima volta ma la prima, mi disse “Presidente io devo andare via”. Aveva offerte importanti. Se gli offrono 3 milioni, e tu stai pagando 800mila euro, o gli dai 3 milioni o avrai un giocatore insoddisfatto. Non si può mai andare contro la volontà del giocatore. Gli togli la possibilità di guadagnare di più in un’altra società. Gli americani, avendo disponibilità maggiori, diranno magari “ok, ne vali tre. Ecco qua 3 milioni”. È quello che mi auguro succeda”. 

Sulla famosa valigetta di Genoa-Venezia oggi che riflessione le fa fare su quella vicenda?

“Sono stato l’unico condannato, ma se c’è una combine è fatta almeno da entrambe le parti. Almeno uno delle due parti andava condannato. Ricordo quel processo falso coi bigliettini e ricordo quale atmosfera ci fosse a Genova quando ho acquistato il Genoa. La domanda la farei a Lari, persona che posso dire di odiare e lo dico pubblicamente. Non gli interesserà il mio odio, ma sono sicuro ci sia stato qualcosa di non trasparente. La vivo sempre con un pizzico di dispiacere. In un processo di questo tipo penso di aver pagato parecchie cose, oltre quelle che erano state fatte. Il Genoa col mio avvento faceva molta paura anche in città e mai ho avuto favori”.

Cos’hanno detto i suoi figli del fatto che lasci? 

“Sono i più felici del mondo e mi hanno fatto le congratulazioni. Mi hanno applaudito alla notizia del Genoa venduto. I miei figli mi hanno visto soffrire, tantissimo, ed essermi “liberato” di questo fardello li ha resi felici”. 


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