Cristian Romero ha raccontato in diretta sui canali social del Belgrano (squadra in cui è cresciuto prima di passare al Genoa) come sta trascorrendo i giorni di quarantena e distanziamento nella sua casa a Genova. “Resto a casa con la mia compagna, esco una volta a settimana per andare alla spesa: qui in Italia, così come nel mondo, la verità è che è una situazione assurda”.  Cuti, che ha confermato di restare quotidianamente in contatto con compagni, staff e allenatore per non perdere il contatto con la realtà, ha sottolineato come sia da ritenersi una vera e propria fortuna che nelle settimane successive alla partita giocata il Milan nessun giocatore del Genoa sia risultato positivo al Coronavirus. “Si è finiti per giocare e da quella settimana in poi in tanti si sono infettati”

Prima di esordire contro la Juventus, squadra che lo ha acquistato lo scorso luglio prima di girarlo nuovamente in prestito al Genoa, Romero ha vissuto mesi di ambientamento e svezzamento, come definiti dallo stesso difensore argentino: “Appena arrivato avrei potuto andare subito in prestito al Crotone in Serie B, ma mi consigliarono di fare il pre-campionato con il Genoa. Ho giocato due amichevoli, la prima 20 minuti con lo Zenit e la seconda 30 minuti con una squadra austriaca. Il mister Ballardini è venuto da me dicendomi che gli ero piaciuto, non avevo capito bene cosa mi avesse detto – ma per fortuna in squadra c’era il Flaco Spolli – ma evidentemente gli ero piaciuto. Il giorno dopo diede la lista con i giocatori che sarebbero rimasti e quelli che sarebbero stati mandati in prestito: io ero nella lista di Serie A e non ci potevo credere. Passa una settimana e mi faccio male e il Genoa cambia tecnico. In quel periodo non avevo relazioni quasi con nessuno, anche con i miei connazionali a parte Lisandro Lopez, Rolon e Spolli, non Spinelli che era già andato al Crotone, ma appena tornato dall’infortunio mi sono allenato e ho iniziato a lavorare con lui. Chi l’avrebbe mai detto che mi avrebbe fatto giocare? Juric era un po’ pazzo, ma in senso buono: pazzo nel senso che era speciale per idee e caratteristiche di gioco. Per tutto. Mi disse che avrei giocato, me lo disse mentre stavamo arrivando al campo. Quando stiamo per entrare l’emozione è stata incredibile nel vedere Dybala e Cristiano Ronaldo: non potevo crederci, da quando mi hanno stretto la mano la storia mi è cambiata. I compagni mi dissero di stare tranquillo e che sarebbe andato tutto bene, e in effetti è stata una buona partita, mia e di tutta la squadra. Da lì ne ho saltata solo una ed è stato un anno di crescita incredibile. Di noi argentini, qui in Italia, mettono in risalto la forma e la garra che mettiamo in campo”.

L’esordio fu (per modo di dire) macchiato dopo pochi minuti da un cartellino giallo per fallo su Cristiano Ronaldo. Mica uno qualunque: “La verità – racconta Romero – È che è stato un partitone, giocato molto bene. Non so se fosse fallo, dico solo che non so come abbia fatto a spostare la palla così velocemente: dopo i primi 5 minuti ho giocato un po’ condizionato ma mi sono consolidato anche perché il tecnico mi ha dato tantissima la fiducia. Nella seconda ho fatto il mio primo gol, nel giro di 5 partite mi ero integrato, avevo imparato la lingua e sono migliorato poco a poco in due anni davvero di grande crescita. Oggi sono al Genoa e sto molto bene, mi hanno trattato benissimo. Il mio sogno qual è? Oggi non lo so e non so se finirà il campionato. Sicuramente nel futuro vorrei poter arrivare in nazionale maggiore, e  credo che se continuerò a crescere così avrò qualche occasione. Sono arrivato in un calcio di un altro livello, ma mi sono stupito persino io di come mi sono adattato. Pensavo sarebbe stato difficilissimo, abituarmi a giocare con linee a tre o a cinque”. 

Un saluto anche alla famiglia: “Saluto mia mamma e mia sorella, a cui mando un bacio grande. Dall’età di 4 anni, quando ho iniziato a giocare, mi hanno sostenuto anche se a dire il vero sono uno a cui piace stare spesso anche da solo. Sono sempre stato appoggiato dalla famiglia. Una volta le dissi che sarei arrivato in prima squadra per ripagarla di tutto quel che aveva fatto per me“. 

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