Cerco il calcio tutto l’anno e (non) all’improvviso eccolo qua. Azzurro è troppo azzurro questo inizio di giugno grazie alla nazionale di Mancini e grazie a quella femminile che hanno battuto Grecia a domicilio e Australia.

Tutto ciò si potrebbe cantare con la musica di Azzurro, la canzone di Celentano, essendo partito un treno dei desideri che nei pensieri del calcio italiano non deve più andare all’incontrario.

La vittoria contro la Grecia – qualcuno direbbe abbiamo rotto le reni alla Grecia altri no – è arrivata perché Mancini ha dato un’impronta ad una nazionale non morta, ma defunta dopo il crac della mancata partecipazione al mondiale russo. Una traccia iniziata lanciando segnali contro la Finlandia e Liechtenstein, anche se qualcuno la differenza la faceva solamente la forza degli avversari, come sabato contro gli ellenici.

Invece non è vero: i risultati arrivano perché gli Azzurri giocano con una difesa alta, centrocampo sempre in pressing, esterni che spingono, attaccanti che, mancando una prima punta top in grado di fare il centravanti, non danno punti di riferimento. Tutto è condito con una precisa idea: togliere il possesso pallone agli avversari mettendoli in condizione di sbagliare e di trovarsi in grado di non reagire.

Contro la Grecia abbiamo visto giocare il giusto mix di giovani e anziani e il recupero di qualcuno come Jorginho e Verratti dati per fantasmi nelle precedenti gare della nazionale verso la Russia.

I titoli o i commenti tutto facile con la Grecia non tengono conto da dove arrivavano gli Azzurri. È quello che succede generalmente anche con le squadre di club quando vincono,  invece sotto processo – e anche di più – quando pareggiano o perdono.

Invece le vittorie nel calcio arrivano da lontano. Un cammino, una rotta della nazionale maggiore che combacia in questo momento con quelle delle squadre giovanili, una lanciata tra le prime quattro del mondiale Under 20, un’altra, l’Under 21, prossimamente all’Europeo con un travaso di calciatori da Mancini a Di Biagio.

Mancini ha mandato un messaggio al campionato su “come” si può stare in campo anche con i giovani attraverso il gioco. L’intreccio tra la nazionale maggiore e l’Under 21 ne è la prova non solo per i sei calciatori in comune (Barella, Chiesa, Mancini, Zaniolo, Pellegrini e Kean) e quelli che saranno scovati in futuro.

Mancini sta costruendo la Nazionale senza aspettare i club. Per il commissario tecnico ci sono tanti giovani che possono diventare azzurri, per gli allenatori di Serie A che non seguono neanche il lavoro delle squadre Primavera invece no.

Sarà la Nazionale a dare giocatori ai club e non viceversa. Nel prossimo campionato deve finire da parte del Mister del campionato il “piagnisteo” del “non ho in rosa, un terzino, un centrocampista, un attaccante”. Un tecnico scandagli i giovani della società e li lanci mettendo da parte il solito, ritrito concetto dell’esperienza e del risultato.

Calma e gesso, l’Italia non è ancora arrivata. Sta tornando attraverso un gioco, un’idea non solo sul campo, e c’è la voglia di dimostrarlo da parte di tutti i tecnici e anche dai giovani calciatori azzurri che hanno scaldato le panchine del campionato italiano. Nessun volo pindarico perché la critica aspetta partite più probanti, l’apice si spera sia al Mondiale del 2022.

La Nazionale ha bisogno del campionato e dei tecnici e potrebbe essere un antidoto per i Presidenti e i Manager alle prese con le demenze del calciomercato, in particolare quello estero, farcito di troppo business, visto e considerato quello che si vede sui prati verdi con qualcuno che non gioca neanche un minuto.

L’azzurro è all’orizzonte. Una nazionale da  sola non potrà mai colorarlo, può dare solo fiducie e non sogni, nel calcio è impossibile contare le stelle.

Bello l’azzurro femminile che ha rinverdito gioie e stimoli con quel gol all’ultimo minuto, che non faceva venire brividi dai Mondiali spagnoli e tedeschi.