Mancano ancora due giornate prima che cali il sipario sulla Ligue 1, già messa in cassaforte dal PSG di un Thiago Motta ormai più verso la panchina che nei pressi del cerchio di centrocampo. L’annuncio del suo ritiro al termine della stagione corrente è arrivato nei giorni scorsi, confermato da una lunga intervista con la Gazzetta dello Sport nell’edizione cartacea di questa mattina.

Madrid, Barcellona, Genova, Milano e proprio Parigi sono state le tappe fondamentali nella carriera dell’italo-brasiliano, forse la prima grande scommessa vinta dal Grifone dal suo ritorno in Serie A nell’era Preziosi. I ricordi si sprecano, le fotografie vengono ripescate e qualche componente di quella squadra è persino destinato a tornare dalla lontana Russia.

Non lo farà certamente Thiago, che all’età di 35 anni ha in testa il solo pensiero di “allenare un giorno il PSG”, scelta su cui avranno pesato anche i ricordi di Gian Piero Gasperini, “il mister che mi fece innamorare di nuovo del calcio” dopo anni di dolore. Non senza un pensiero per il passaggio sotto la Lanterna, tappa fondamentale per riprendere credibilità e volare un anno dopo all’Inter del Triplete. Con quel rimpianto per non aver mai giocato la Finale di Madrid, Thiago Motta anche a Parigi ha chiuso alla Thiago Motta, sostituito nel secondo tempo per ricevere una doverosa standing ovation allo Stade de France pochi istanti prima che venisse assegnato un rigore proprio al Paris Saint-Germain. Probabilmente, se fosse rimasto in campo, quel penalty l’avrebbe calciato lui. Poco male dirà, “è comunque il miglior finale che potessi immaginare”. Del resto ci è sempre voluto ben altro per spostare il fisico bestiale e la classe cristallina di Motta, capace di rialzarsi dopo tre operazioni al ginocchio ed alzare 31 trofei fino a dover dire basta. Anzi, a voler dire basta.