Più che analisi, questo editoriale si vuole configurare come un consuntivo delle tre gare giocate dal Genoa, compresa quella di stasera con il Savona. L’idea era di fare un bilancio complessivo domani.

Siccome però quando gioca il Genoa, anche d’estate, l’analisi della partita è valutata alla luce di qualsiasi risultato sempre in versione ballerina, con tutti in grado di cogliere i problemi che scaturiscono grazie a una  “lettura” critica della partita, sempre all’insegna del segno meno, anticipiamo il parere.

Sui quotidiani sportivi nazionali le vittorie del Vecchio Balordo con tedeschi e francesi malgrado alla vigilia sembrasse dovesse essere asfaltato, in poche righe sono state liquidate come vittorie di deretano dopo averle viste su pc, iPad, iPhone e l’ultima neppure in televisione. Tutte le colpe non sono le loro e non devono essere indirizzate a giornalisti e tifosi, bensì alla comunicatività della società che è differente rispetto alla comunicazione dell’ufficio stampa.

Chissà perché la vittoria del Milan in Romania dopo essere stati presi a pallonate è stata festeggiata, celebrata su tutte le prime pagine dei giornali, non solo di quelli sportivi. D’accordo, le promesse del calcio estivo vanno prese con accortezza e prudenza, ma non sono tutte fandonie o bufale. Innanzitutto le vittorie contro Hoffenheim e Nantes dovrebbero aver spedito segnali di fiducia nello spogliatoio genoano contro due squadre che hanno schierato le formazioni titolari per 60’.

Nelle vittorie di luglio del Vecchio Balordo oltre aver rivisto la voglia di dimenticare il passato si è dimostrato che nel girone di ritorno dello scorso anno la semi disfatta è avvenuta più per in fattore di comportamento (classifica tranquilla, infortuni, calciomercato) che non per una questione tecnico-tattica. Le sconfitte arrivavano quasi senza reagire (Palermo incluso) fino a quattro giornate dal termine del campionato; al contrario in Austria e sull’Oceano Atlantico si sono rivisti il pressing alto, la sofferenza nelle difficoltà senza retrocedere, la disponibilità al sacrificio, tutti aspetti già visti nel girone di andata dello scorso anno.

Ci vuole personalità, anche se sono amichevoli: questo perché gli avversari hanno dimostrato di non voler perdere. Gli errori ci sono stati quando si è dovuto mettere da parte il gioco e giocarsela sulla fisicità con due squadre più avanti con la preparazione .

Ma giocare al gatto con il topo non potrebbe essere stata proprio una strategia di Juric? L’obiettivo finale era quello di cercare un risultato importante per far capire ai ragazzi – che non arrivavano da un campionato con risultati positivi – che grazie lo spirito, il pressing, il sacrificio, il gioco e l’organizzazione la luce poteva non essere offuscata.

La scelta delle formazioni è stato un esame per cercare di mettere a nudo una delle lacune principali del Genoa dello scorso anno, ovvero il momento in cui si è  dovuto far fronte a infortuni e defezioni nei ruoli più importanti.

Anche se tutti quelli schierati ci hanno messo la massima buona volontà, qualcosa di non positivo è la difesa che non costruisce bene. Tutti ci hanno provato ma la tendenza di far gioco manovrando il pallone dalla difesa non è fluida. In fase di non possesso, le due gare fuori dai confini italiani hanno fatto vedere che è la squadra che difende, non il reparto e se cresce l’organizzazione collettiva ci guadagnano tutti.

Per tale motivo fa bene Juric a chiedere non un top player, ma un calciatore in grado di rifinire una macchina solida e competitiva davanti a Perin e Lamanna. Bravo Juric ad aver cercato avversari di spessore e non le solite gare da goleade di paese, gare che creassero apprensione. Il fatto invece che si sia giocato con discreta sicurezza dovrebbe rendere felici tutti i genoani, non solo per il risultato.

Affinché i risultati non siano stati scritti sulla sabbia tutti dovranno comunque continuare a lavorare, non solo sul campo.