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Genoa, Bordon realizza il sogno di andare in Gradinata Nord: “Ciò che ho provato è indescrivibile”

Alla fine, come aveva auspicato nell’intervistata rilasciata ai nostri microfoni venerdì scorso, Antonio Bordon, 56 presenze e 13 gol con la maglia del Grifone tra 1972 e 1974, è riuscito a seguire Genoa-Modena nella Gradinata Nord. Molto emozionato e ancora i fibrillazione per l’esperienza di sabato scorso al Ferraris, Bordon si è concesso nuovamente alla nostra testata per raccontare quel momento. Quello del “battesimo” da tifoso in Nord.

Avevi detto che ti avrebbe fatto piacere vedere la partita col Modena dentro la Nord. Nessuno è sicuro se questa voglia matta sia stata soddisfatto. Ma se è stata soddisfatta, ce la racconti?

La racconto con tanta gioia. Oggi mi trovo a Gorizia, ma ancora sto ripensando a sabato, a quando sono entrato in Nord. Sono tanti, tanti anni che parlo con mia moglie sul fatto che sarei prima o dopo dovuto andare nella Nord, perché il massimo come tifo. Per provarlo, però, devi esserci dentro. L’occasione mi è capitata, ho avuto i biglietti per andare in tribuna assieme a nipoti e genero. Eravamo in sette. Fino all’ultimo momento non ho detto nulla a mia moglie, poi le ho detto: “è il momento, bisogna che io vada“. E infatti loro erano un po’ scettici a mandarmici, forse anche per i miei settant’anni. Ma io ne avevo voglia e ci sono andato. Ci sono andato con Fabrizio Calzia, mettendoci non proprio centrali, ma un po’ laterali. Non credevo ad un tifo così: quello che ho provato è indescrivibile. E per provarlo devi essere lì sul posto”.

Ho visto novanta minuti di tifo continuo, di carica: se sei in campo la senti la Nord che canta, ma da lì è pazzesco. Dopo dieci minuti avevo un po’ la testa ormai pesante, ma ho detto: “è una grande emozione, mi deve passare”. Dopo il gol mi sono sbloccato anch’io e ci sarei rimasto ancora una partita. Grandissimi i tifosi genoani: credo che in Europa non esista un pubblico così, che carica la squadra e la porti alla vittoria. Perché la partita non è stata una delle migliori del Genoa, ma questo pubblico è da sempre il dodicesimo uomo in campo, anche se sabato era il tredicesimo perché anche se non ho giocato, ho partecipato al tifo…”. 

Appena entrato in Gradinata Nord, 3/4 persone che avevano sui 60/65 anni mi hanno subito bloccato dicendomi “ma sei Tony? Sei ancora il mio idolo! Dobbiamo assolutamente fare subito una foto“. Loro mi hanno ricordato di quel gol fatto il 17 settembre di cinquant’anni fa, in Serie B. Quel gol che dicono fu un bel gol, anche se l’ho presa bene. Ma insomma, un bel gol…certe volte prendi la palla e un centimetro di differenza te la può fare calciare chissà dove. Chi ha giocato a calcio sa queste cose. Calciai e feci un bel gol. Questo pubblico, quello del Genoa, non esiste da altre parti. Al centro della Nord sono tutti giovani, ma poi ho incontrato anche altre persone, sempre sui sessant’anni, scettiche nel chiedermi se fossi io. Chi ha venti, trenta o quarant’anni non può conoscermi se non ha con sé un genitore, ma anche perché la mia fisionomia è un po’ cambiata: ero biondo, ora sono bianco. Ma tutto questo fa davvero piacere”.

Hai detto nella tua recente intervista che avresti giudicato la squadra rossoblu solo dopo averla vista. Come la giudichi e cosa pensi che ci sarà nel futuro del Vecchio Balordo?

“Non posso dare un giudizio: se devo darlo, direi un 50% e 50%. Giocando così, anche poi parlando con gli amici del Little Club, in Serie A non ci vai. Ma una partita non può dire. Era importante la vittoria, una vittoria che è stata voluta. Li ho visti molto timorosi, forse anche perché arrivavano da due partite con un punto che ti vanno venire questa paura addosso. Al Genoa in questo momento mancano 3/4 punti e una partenza buona vuol dire molto in Serie B. Sulla squadra dico un 50%: non mi è piaciuta tanto, troppo bloccata e lenta sulle fasce. È anche vero che vedo certe volte giocare Juventus e Inter e mi dico: “a questo punto è meglio il Genoa in questo momento”. L’importante sarebbe risalire, che non è facile: è più facile salvarsi in Serie A che vincere un campionato in B, dove ci sono sempre la sorpresa e almeno 9/10 squadre che lottano fino alla fine. Ma per l’amor del cielo, non è detto niente…”. 

Però la squadra produce tante azioni da gol, senza concretizzarle. Qual è la tua ricetta?

“Sbloccarsi ed essere più rapidi. Se ti fermi a giocare dietro, partendo da dietro col portiere e due laterali che giocano la palla, per chiamare fuori le punte, in quel momento bisogna partire subito. Non è un rischio perdere la palla e prendere gol: il rischio ci sta. La partenza dev’essere palla al portiere, poi al laterale, cercare l’uomo in mezzo e davanti movimento. Ce n’era poco perché si ritardava a dare il pallone in avanti. Sulla fascia laterale non ci andava mai nessuno: dalla mezz’ora, finalmente, si è cominciato a giocare un po’ sulle fasce e si sono viste due occasioni. Ma questo credo che i giocatori lo sappiano. Questo è il mio parere, ma per carità: ci vediamo per la promozione, ok?“. 


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