Pensare di chiudere meglio l’anno solare era solo una speranza. Il 2025, iniziato bene fino ad agosto, aveva alimentato l’illusione di avere la rosa pronta fin dal primo giorno di ritiro, regalando alla tifoseria una vacanza di speranze. Poi, con l’inizio del campionato, le ombre hanno sovrastato le luci per tutto l’autunno e anche l’inizio dell’inverno, non solo sul prato verde ma anche per i pettegolezzi legati alla sentenza del Tribunale di Genova. Roma-Genoa 3-1 è una pajata romana difficile da digerire.
Il Grifone ha iniziato bene, controllando il gioco non tanto per il possesso palla quanto per il vantaggio territoriale, sfruttando i piedi di Sommariva e i lanci precisi nella metà campo avversaria, il pressing alto e la pressione davanti all’area di Svilar, facendo gridare di tutto a Gasperini e ai suoi calciatori, incapaci di entrare subito in partita.
Al 14’ di gioco il solito gollonzo: un rimpallo di quaranta metri ha permesso alla Roma di segnare al primo tiro in porta. Le partite del Genoa bisognerebbe farle iniziare dopo il primo quarto d’ora.
La pajata romana, ottimo piatto, è stata preparata con l’intestino tenue dei tifosi rossoblù e non con quello del vitellino: dopo il 15’ se lo sono arrotolato davanti al televisore.
Dopo la prima rete giallorossa il Genoa ha lasciato il controllo del gioco agli avversari, che hanno realizzato altre due reti, colpa in toto della fase difensiva – non solo dei difensori – assente in particolare con Ruslan ed Ellertsson. Koné, centrocampista romanista, ha fatto il bello e il cattivo tempo nel primo tempo, non facendo giocare Malinovskyi e trasformandosi in attaccante aggiunto con un gol (anzi due, uno annullato da Di Bello).
In casa Genoa è saltato tutto: fase difensiva in difficoltà e fase offensiva inesistente. Non è stata costruita un’azione in grado di impensierire la difesa della Capitale; il primo tiro di Vitinha è arrivato solo al 40’.
Nel calcio non si vince ai punti, bisogna fare gol, e il Grifo ha tirato verso la porta giallorossa una sola volta nel primo tempo e non più di tre nella ripresa. Neppure sulle punizioni dirette dal limite dei sedici metri si è riusciti a centrare i sette metri di porta. Tutto ciò che De Rossi aveva preparato, replicando le modalità viste contro l’Atalanta, si è visto solo nei primi quindici minuti.
Allo scoccare del 45’ del primo tempo protagonisti in negativo Di Bello di Brindisi e Prontera di Bologna al VAR. In una mischia, Svilar ha colpito Ostigard con un vero e proprio “cazzotto” allo zigomo in uscita. Di Bello ha fischiato subito la fine del primo tempo e Prontera non lo ha nemmeno richiamato per rivedere l’episodio. Alla ripresa del gioco l’arbitro di Brindisi, rimbrottato da Murgita, da De Rossi e da Ostigard, si è visto mostrare lo zigomo tumefatto del difensore. Era rigore: non avrebbe cambiato il risultato finale, ma avrebbe potuto regalare qualche speranza in più al Vecchio Balordo.
Nel secondo tempo meglio il Grifone, anche grazie a una Roma che ha partecipato come a un’amichevole di allenamento. Bene il gol di Ekhator, bene l’utilizzo di Fini nel suo ruolo naturale, esterno destro e non terzino sinistro, dotato di dribbling e velocità.
Il ruolo fondamentale per cui De Rossi ha proposto i tre mediani a centrocampo era quello degli inserimenti in fase di possesso (quasi mai visti), con Frendrup a fare da baricentro davanti alla difesa.
Il centrocampo del Genoa, da molti anni, è un autentico mare magnum nel quale è facilissimo affogare: negli anni scorsi per mancanza di una mezzala, oggi per l’assenza di un play di ruolo che detti i tempi della manovra. Si corre e si boccheggia invano.
Dopo Milanetto, Thiago Motta e il primo Bertolacci, al Genoa sono sempre mancati centrocampisti di qualità. Molti si sono smarriti, incapaci di inventare gioco e, nei casi migliori come oggi, ridotti ad aggiunta alla difesa per anticipare l’avversario di riferimento.
Sui gol subiti dai giallorossi, il Vecchio Balordo – dopo 17 giornate di campionato – non ha ancora imparato, sui palloni inattivi o sui cross dalle corsie laterali, a controllare anche gli uomini e non solo il pallone.
Gasperini vince, segna tre gol (cosa non così frequente nelle ultime gare), si gode la zona Champions. Il G&G, gioco-gol-godimento, è ancora in ritardo.
Ha bluffato prima della gara come se dovesse affrontare il Real Madrid, lamentandosi di Ferguson, di Hermoso (dato per difficilmente impiegabile per pubalgia) e di Dovbyk infortunato: tutti presenti in campo o in distinta, lasciando fuori dai convocati Baldanzi dato per titolare. Temeva la carica di De Rossi?
Il Genoa non esce bene dall’Olimpico sul piano del gioco e dell’identità tattica. Nelle prossime tre partite, da disputare in sette giorni, dovrà cercare e trovare risultati.
Difficile che arrivino aiuti immediati dal calciomercato, a meno che non siano saldi di fine gennaio, considerato che i difetti genoani sono emersi fin dall’inizio della stagione. Il mercato del Genoa non sarà facile: il caso Perin è già stato raccontato da Buoncalcioatutti prima di Roma-Genoa. Chi vuole illudersi con la fregola da notizia in avanscoperta sul web, si accomodi.
Il mercato del Genoa dovrà essere mirato, con giocatori pronti e in grado di fare la differenza, migliori di quelli attualmente in rosa. Il primo tassello urgente, più ancora del portiere, del difensore o dell’attaccante, è un centrocampista capace di non far affogare il Vecchio Balordo nel cuore del gioco, uno in grado di fare entrambe le fasi.
De Rossi continuerà a proporre il suo calcio come unica strada per provare a far volare il Grifone, ma dovrà essere aiutato dalla Dea Eupalla, finora assente dal suo arrivo, e soprattutto da calciatori giusti al posto giusto.
Roma-Genoa | De Rossi dalla sala stampa: “Rigore? Un cazzotto in faccia è un cazzotto in faccia…”

