Suzuki, il portiere, ha alzato il muro contro il Genoa e salvato il Parma, dopo averlo affossato prima della sosta regalando il gol al Lecce. Rivedendo la gara, il cartellino rosso al terzino dei ducali, paradossalmente, ha rianimato la difesa compatta e chiusa di Cuesta.
Partita da vincere che ha lasciato tanti rammarichi tra i 30.000 dentro il Tempio, causando sonori fischi e inviti a tirare fuori qualcosa di diverso. Così povero e zoppo l’attacco rossoblù a quarti, tenuto dagli “anziani” sempre in campo.
Vieira e lo staff ragioneranno se non è giunto il momento di lanciare Ekhator dal primo minuto, l’unico che ha fatto vedere le sembianze da prima punta, o il doppio centravanti. E poi se rilanciare Martin a centrocampo: mancano non solo i suoi cross, ma anche i suoi piedi nel trattare il pallone e responsabilizzare qualcuno in difesa ad abbandonare il “tiki-taka”, il gioco di possesso con pallone lento e infruttuoso del Grifone nella propria metà campo, che controlla solamente il gioco e non crea mai opportunità di attacco. Rimpianto anche per Bani, ricordando i suoi lanci e cambi campo nella partita vinta contro i ducali 10 mesi fa.
Giocare in superiorità numerica, nel calcio, potrebbe essere un vantaggio, ma anche una sfida che il Vecchio Balordo e il suo mister non sono riusciti a raccogliere, pur controllando il gioco e dettando il ritmo della gara, mettendo poche volte in difficoltà la difesa dei ducali. Tanti attaccanti, tutti in avanti, e tante difficoltà a gestire lo spazio. Solamente gli attacchi laterali hanno sfruttato gli spazi, creando opportunità da gol. In altre occasioni sono mancati i movimenti senza pallone, attirando i tignosi difensori e creando buchi per gli attaccanti.
Ottolini, il direttore sportivo, ha chiamato tutti a remare dalla stessa parte. Tante le critiche pervenute per la campagna acquisti estiva, dimenticandosi che era stata fatta a km zero, cercando la qualità di qualcuno che l’aveva persa e sta facendo fatica a recuperarla. La qualità nel calcio difficilmente si perde. In questo momento tocca a chi la possiede cercarla.
La domanda è perché non siano stati investiti una parte dei soldi incassati. Blazquez era stato abbastanza chiaro il 27 marzo scorso ai microfoni di Radio TV Serie A, nella trasmissione “Goal Economy”, facendo intendere un anno di sacrifici in vista del 2026/2027, anno in cui si dovrebbe tornare ad “aumentare la cifra tecnica della squadra“.
Nell’illusione estiva di far passare il calcio come la salsa fa passare il pesce ci si è però dimenticati di parlare di salvezza. Il giorno 27, prossimo all’Assemblea dei piccoli azionisti e alla presentazione del bilancio, ci sarà anche più chiarezza sui pettegolezzi e sui “perché” che girano sul Vecchio Balordo.
Per Vieira e lo staff, in attesa che la qualità si sviluppi, bisogna trovare altre strade. L’esperienza, ad oggi, ha avuto la stessa utilità di un biglietto della lotteria dopo l’estrazione. La giovinezza nella rosa del Genoa potrebbe essere un tesoro da ricercare e da mettere in campo, non accontentandosi solo delle prestazioni.
Quello che si aspettavano Vieira e lo staff, cioè una maggiore prontezza e cattiveria nel concludere in queste sette giornate di campionato, è rimasto allo stato di desiderio, come per tutti i tifosi. Adesso l’obiettivo è fare punti che servono per salvarsi, dopo si vedrà. Serve che qualche brutto Calimero diventi alla svelta un Cigno, trasformando il Vecchio Balordo. Una favola che potrebbe succedere, considerato che dall’inizio del campionato più di qualcosa è andato storto.
Ottolini ha chiamato tutti a raccolta: tocca alla dirigenza, non solo a Vieira, dare peso dentro lo spogliatoio. Per quello scritto, nessuna indulgenza polemica. Semplicemente una constatazione logica e basata anche su quanto detto nella scorsa primavera, quando il Genoa costruiva la sua salvezza e guardava già alla stagione successiva, ovvero quella che stiamo vivendo ora.
Genoa, le parole di Blazquez ai microfoni di Radio TV Serie A

