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Genoa | Le parole di mister Vieira al Festival dello Sport

Nei giorni scorsi, al Festival dello Sport di Trento organizzato dalla Gazzetta dello Sport, il tecnico del Genoa, Patrick Vieira, è intervenuto per parlare di calcio, della sua storia e del suo presente da allenatore. Un colloquio durato quasi un’ora, partito dalla sua storia calcistica e dal suo arrivo in Francia all’età di otto anni e arrivato ai successi nella carriera da calciatore e al suo presente da allenatore.

Riannodando per punti il colloquio di Vieira col Festival dello Sport, il punto di partenza è senza dubbio il come nasca la volontà di fare l’allenatore. “Volevo avere la credibilità per fare questo lavoro per 20/25 anni. Allora ho dimenticato subito il me calciatore, ma era importante fare subito esperienza. Ho fatto due anni nel settore giovanile, poi sono andato al New York City per lavorare con giocatori di un certo livello. Così è cresciuta questa voglia di fare il lavoro di allenatore. Era importante fare queste esperienze ed essere sicuro di voler fare questo lavoro ed essere pronto a fare dei sacrifici. Oggi credo di essere un allenatore più bravo di dieci anni fa”. 

Ampia la parentesi legata al Genoa, al progetto giovane e a lunga scadenza che ha deciso di sposare. “Se guardiamo la classifica ora, avere due punti mi fa dire che siamo in ritardo sotto quell’aspetto – spiega Vieira – ma dobbiamo guardare il quadro complessivo: c’è l’aspetto dei punti e c’è l’aspetto del gioco. In tutte le partite giocate fino ad ora siamo stati competitivi con tutte le squadre e possiamo dire che avremmo meritato più punti. Poi c’è il progetto, che è quello di creare stabilità. Oggi la abbiamo col nuovo Presidente, col direttore sportivo. Abbiamo idee chiare sul progetto che vogliamo – e che possiamo – fare guardando anche all’aspetto finanziario”.

“Quando vediamo la storia del Genoa, ha sempre avuto giovani usciti dal settore giovanile e su questo abbiamo puntato. Oggi abbiamo giocatori di valore, talento, e dobbiamo anche accettare che questi giovani, per crescere, giochino e sbaglino. Abbiamo Marcandalli ed Ekhator che stanno crescendo, e poi Venturino, Fini, Otoa. Hanno potenzialità, ma per crescere devono giocare. Abbiamo perso un po’ d’esperienza, ma per un nuovo progetto ci vuole tempo per crescere”.  

Sappiamo tutti che l’aspetto dei punti è importante perché ti fa lavorare in tranquillità precisa Vieira – e all’aspetto dei punti dobbiamo stare attenti, però quando vediamo il futuro della società, con l’investimento fatto sulle giovanili, con la Primavera prima in classifica e giocatori che stanno crescendo, vediamo giovani di talento per i quali dobbiamo creare spazio. Se andiamo a cercare un giocatore al posto di Venturino e non c’è spazio per lui di giocare, non puntiamo sui questi giovani. Anche quando non fanno bene una partita, non dobbiamo perdere fiducia in loro: è un progetto a lungo termine e loro devono continuare a giocare”. 

Venturino ed Ekhator prossima coppia della Nazionale futura?Speriamo, dipende da loro. In cosa devono crescere? Hanno voglia di stare in campo, hanno il fuoco dentro. Per quello è importante per noi, come società, continuare a far sì che loro abbiano sempre il fuoco dentro. Per farlo devono continuare a vedere che di questo progetto fanno parte. Stiamo parlando di due giocatori giovani, ma con tantissimo talento. Devono capire bene che noi, società e allenatore, facciamo metà della strada, ma l’altra metà devono farla loro. Dove possono arrivare, dipende sempre da loro. Con me si impegnano ogni giorno e noi siamo al loro servizio per aiutarli a crescere: se l’atteggiamento è un bell’atteggiamento, allora possono andare lontano”. 

Da Colombo e Carboni si aspettava di più?Sì, però non dimentichiamo che Carboni è uscito da un infortunio, non ha giocato tantissimo ed è stato fuori da tanto tempo. Colombo è arrivato in un collettivo che non è ancora messo a posto. Il calcio di oggi, soprattutto per un attaccante, ci fa vedere solo l’aspetto del gol. Ha fatto gol, allora ha fatto bene. La squadra perde, ma diciamo che ha fatto bene perché ha fatto gol. Ogni tanto dimentichiamo, però, il lavoro che sta facendo per la squadra e lui, sul campo, è uno che non molla mai e lavora tantissimo. Se collettivamente creiamo di più, allora lui può fare gol perché la qualità di fare gol ce l’ha. È più un problema collettivo, che individuale. Trovare una soluzione per lui è il mio lavoro”. 

Ha mai pensato a cambiare modulo, abbandonando il 4-2-3-1 o aggiungendo un centrocampista, e disporsi in maniera più difensiva per fare qualche punto in più?Se pensiamo al campionato, penso che porterà più punti che non portarne. Per questo, da allenatore, devo pensare ad avere una visione a lungo termine e non solo su una partita. Da quando siamo arrivati col mio staff, adesso abbiamo un’identità. Sugli aspetti della struttura e del gioco, è chiaro come vogliamo giocare. Si può sempre cambiare un paio di cose sull’aspetto tattico quando si gioca contro il Napoli. L’atteggiamento fa parte del DNA della società. Per l’atmosfera che abbiamo allo stadio, non possiamo essere una squadra attendista”.

“Con la Lazio è successo che, ogni tanto, una partita si può sbagliare e sugli aspetti tattici abbiamo perso un po’ di struttura. Vista la qualità dell’avversario, ci siamo messi in difficoltà. Potevamo fare quel gol che poteva cambiare la partita. Con la Lazio non è stata una bella partita dal punto di vista collettivo e tattico, ma abbiamo avuto dei momenti dove non abbiamo fatto la differenza per tornare in partita. Da questa partita abbiamo imparato e il messaggio arrivato da questa partita è stato l’equilibrio della squadra. Nella partita successiva col Napoli, tatticamente e come struttura abbiamo rivisto il Genoa delle prime gare del campionato”.

La gara con la Lazio è stato un messaggio di stare molto attenti perché stavamo perdendo la nostra struttura. Credo che i giocatori giochino soprattutto per la società, per i tifosi, per vincere, ma anche per l’allenatore. Per quello avere i giocatori al proprio fianco è importantissimo. Le esperienze avute con Mourinho o Wenger mi hanno aiutato a tirare fuori il massimo delle mie qualità. Per questo motivo anch’io utilizzo questo aspetto per costruire la squadra e stare vicino alla squadra. Queste esperienze mi hanno aiutato a gestire oggi le relazioni col gruppo e coi giocatori”. 

Sulla crescita di Norton-Cuffy? “Il fatto che l’anno scorso abbia giocato, imparato tantissimo e vinto l’Europeo Under 21 con l’Inghilterra, gli ha dato fiducia. Oggi, in Italia, è uno dei migliori giocatori nel suo ruolo”. 

Sul capitolo giovani e come gestirli, interessante il passaggio nel quale Vieira parla della sua prima esperienza in Serie A, al Milan. Due sole presenze con mister Capello, tantissima qualità che non gli permise di scendere in campo in rossonero con grande continuità.

Vieira, tuttavia, ci tiene a ricordare che Capello (che poi avrebbe ritrovato nel 2005 alla Juventus per un solo anno, ndr) non lo mise mai da parte, ma gli diede sempre consigli e lo aiutò a lavorare su aspetti individuali. “Questo è importante anche per me oggi, quando vedo giovani che non giocano tantissimo: un allenatore è importante che passi tanto tempo con loro, che discuta con loro, perché per un giovane, quando non gioca, è difficile“. 


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