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Serie A, operatori televisivi: “Come faremo a lavorare e chi ci garantirà il diritto alla salute?”

In questa giornata dove sono cominciati, per diverse società tra cui il Genoa, i primi test sui calciatori e sugli staff, attraverso la pagina social BroadcasTeam si è fatta sentire anche la voce degli operatori televisivi, ovvero sia tutta la macchina tecnica e operativa che permette di vedere il calcio in televisione, sul proprio telefonino, sul proprio tablet.

Come recita la loro pagina social, BroadcasTeam “è un gruppo spontaneo che ha l’obiettivo di riunire tutti i professionisti, dai fonici agli operatori di ripresa, dai macchinisti ai mixer video, dagli RVM agli assistenti audio passando per il controllo camere“. Si tratta della voce di operatori che gravitano nell’area tecnico-produttiva del mondo televisivo e del live broadcasting. Più nello specifico la parte freelance. Questa mattina hanno diffuso una nota in cui vengono racchiuse diverse domande relative al futuro del calcio, che coinciderà strettamente anche col loro ritorno sui rettangoli di gioco oppure sulle scene dei concerti musicali o di altri eventi di cui l’utente spesso usufruisce.

Tu che stai leggendo potresti essere un politico, un amministratore, rappresentante di categoria, operaio, giornalista, disoccupato. Non importa, perché accendendo la tv, l’avrai pur vista una partita di calcio o qualsiasi altro evento sportivo o musicale.

Noi che scriviamo siamo quelle donne e quegli uomini, madri e padri, che sotto il diluvio o con 40° all’ombra, facciamo in modo che tu possa vivere quell’evento, cercando il miglior dettaglio per amplificare la tua emozione. Siamo professionisti del broadcast. In questi due mesi di emergenza sanitaria non s’è fatto che parlare delle difficoltà della società calcistiche, delle loro esigenze e di quelle dei giocatori, del grande business che non può fermarsi. Nessuno si è posto il problema di che fine avessero fatto quelli che producono lo spettacolo.

Noi siamo gli invisibili dietro le telecamere e dentro le regie. I nostri nomi non compaiono nei titoli di coda. Noi siamo quelli che si barcamenano in una giungla di contratti atipici, lavoriamo a chiamata, percepiamo paghe che non corrispondono neppure al tuo abbonamento alla pay tv. Siamo quelli che per lavorare, alla vigilia del lockdown, sono andati nelle zone rosse perché lo show doveva continuare e ancora dobbiamo essere pagati. Siamo quelli che si sono ammalati di Covid-19 e nessuno ne ha parlato. Perché a te che leggi basta accendere la tv.

Ora si parla di riapertura del Campionato di Serie A, si discute di quarantena, test sierologici, viaggi in sicurezza, tamponi, distanze di contenimento per i giocatori; si ipotizzano partite nei campi del Centro e del Sud Italia, di riduzione del numero di telecamere e quindi di personale tecnico. Continueremo dunque ad essere invisibili e anche in numero inferiore.

Come faremo a lavorare? Quali sono i protocolli allo studio? Come faremo a raggiungere i campi? Chi ci farà i tamponi? Chi ci garantirà il diritto alla salute? Siamo fermi da oltre due mesi, siamo stati i primi a fermarci e probabilmente saremo gli ultimi a ripartire e con nessuna tutela, in balìa di un mercato del lavoro non regolamentato.
Sei certo che ci saremo? Saremo disposti ancora a mettere a repentaglio la nostra salute e quella delle nostre famiglie per garantire lo show? Tu che vuoi che lo show riparta, poniti qualche domanda.


 

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