Gigi, tu fa’ quello che vuoi, saranno gli altri a preoccuparsi di te” (Beniamino Santos)

Beniamino Santos, il primo ad aprire una scia funesta di tragiche dipartite in casa rossoblu all’inizio degli anni Sessanta, apostrofava in questa maniera Gigi Meroni prima delle partite tanto era il suo talento, la sua capacità di scivolare fra le maglie della difesa avversaria e creare scompiglio negli avversari. Santos potè goderselo per un’intera stagione, quella 1963/64, ma il suo ingaggio arrivò prima. Infatti, il ritorno in Serie A nel 1962 non permetteva una disponibilità economica tale da poter comprare giocatori di prim’ordine: così la storia di quegli anni rossoblu coincise con l’ingaggio di un giovane diciottenne di belle speranze che rispondeva al nome di Luigi “Gigi” Meroni. L’obiettivo era quello di restare nel massimo campionato e venne centrato solo all’ultima giornata, in una sfida piena di polemiche contro il Bologna.

Nella foto, Meroni svetta sul portiere del Milan Balzarini

La giovane ala destra di origine comasca, nata il 24 febbraio 1943, segna il suo esordio nel massimo campionato a diciannove anni. È il 1° novembre 1962, il calendario prevede Genoa-Inter (1-3): i rossoblu affrontano al “Ferraris” i nerazzurri di Helenio Herrera, vincitori del titolo a fine stagione. Meroni è titolare per la prima volta in Serie A.

La crescita della Farfalla Meroni è graduale. Renato Gei difficilmente lo toglie dall’undici titolare e dopo sette mesi dall’esordio segna la sua prima rete con la maglia del Genoa contro il Lane Rossi Vicenza (5 maggio 1963), assicurando ai rossoblu, a due turni dalla fine, il quartultimo posto che sarebbe valso la salvezza.

L’anno successivo la squadra venne affidata a Beniamino Santos. Meroni giocherà ed esalterà le folle, diventando presto l’idolo della tifoseria. Per quei suoi capelli in linea con le mode dell’epoca, per quel soprannome di “beatnik del gol”, Meroni segnò quell’anno cinque gol e raggiunse le 42 presenze in maglia rossoblu. Ultima sua marcatura per il Genoa la rete dell’1-2 al “San Nicola” contro il Bari, il 3 maggio 1964 (gara poi vinta a tavolino per 0-2 a causa del lancio di oggetti in campo da parte della tifoseria di casa, ndr). L’ultimo boato rossoblu arrivava pressoché un anno dopo la sua prima rete al “Ferraris”.

Nell’estate 1964, che sarà funestata dall’improvvisa morte di Beniamino Santos in Spagna, l’unico modo per trattenere Gigi Meroni è cercare un aiuto nella sottoscrizione degli abbonamenti da parte della tifoseria, tanto che la dirigenza rossoblu, presieduta dal presidente Berrino, ha già programmato due strade: la costruzione di un Genoa con Meroni, la costruzione di un Genoa senza Meroni. Il nuovo coordinamento dei Clubs Genoani darà un suo nutrito sostegno, ma non basterà: per 300 milioni di lire lo acquisterà il Torino allenato da Nereo Rocco.

In maglia granata saranno tre stagioni d’oro. E proprio all’incipit della sua quarta annata sotto la Mole, una tragedia lo porterà via dal mondo del calcio italiano. Il Torino ha appena battuto la Sampdoria, Meroni è stato espulso dall’arbitro Torelli. Dal ritiro post-partita si congeda in anticipo, a bordo dell’automobile di un amico, e nell’attraversare la strada viene colpito da due automobili a distanza di pochi secondi, trovando la morte. È il 15 ottobre 1967. Meroni deve ancora compiere venticinque anni. Con 145 presenze nel massimo campionato e 28 gol, il calcio italiano lo piange ancora dopo 52 anni.


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